mercoledì 21 settembre 2022
L'ex esponente della Dc aveva da poco compiuto 98 anni. A lui si deve anche la "smilitarizzazione" della Polizia. Il cordoglio della politica. Draghi: ha dedicato la vita alle istituzioni
Virginio Rognoni in una foto del 1982

Virginio Rognoni in una foto del 1982 - Fotogramma / De Bellis

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È morto l’altra notte nella sua casa a Pavia Virginio Rognoni, uno dei politici italiani più conosciuti della seconda metà del secolo scorso. L’ex ministro, che aveva compiuto 98 anni lo scorso 5 agosto, si è spento nel sonno. È stato sposato per 57 anni con Giancarla Landriscina (morta nel 2016 a 80 anni). Insieme hanno avuto quattro figli.

Docente alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Pavia, è stato un personaggio di primo piano della Democrazia cristiana. Fu ministro dell’Interno negli anni di piombo (dal 1978 al 1983) e, successivamente, della Giustizia e della Difesa. Dopo la fine dell’esperienza della Dc, aveva aderito prima al Partito popolare e poi al Pd. È stato vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura dal 2002 al 2006.

«A nome del governo e mio personale, esprimo profondo cordoglio per la scomparsa di Virginio Rognoni che ha dedicato la sua vita alle istituzioni. Lo ha fatto con grande senso di responsabilità e coraggio, nel contrasto del terrorismo e nella lotta alla criminalità organizzata in anni molto difficili», ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi. Ieri l’aula del Senato ha riservato a Rognoni un minuto di silenzio.

E per tutto il giorno i cittadini, la società civile e il mondo della politica gli hanno tributato parole di stima e ricordi della sua lunga attività politica sempre al servizio delle istituzioni e del Paese. «Sopravvive ancora la sua visione sulle leggi antimafia», ha detto la ministra della Giustizia Marta Cartabia. Parole anche dal mondo ex Dc. «Fu sempre al servizio delle Istituzioni», ha scritto in una lettera Pier Ferdinando Casini. «Se ne va un politico autorevole», ha aggiunto il vicepresidente della Camera e presidente di Italia Viva Ettore Rosato. «Ha servito il paese con rigore ed etica», ha affermato l’ex premier Romano Prodi. «Un gigante tra i giganti», ha ribadito nell’aula di Palazzo Madama Luigi Zanda. Parole di stima anche da Luigi Castagnetti, Gianfranco Rotondi e dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini.

Ma Rognoni la sua impronta politica l’ha data soprattutto nei 5 anni trascorsi al Viminale (dal 1978 al 1983), succedendo a Francesco Cossiga. Un periodo molto critico per il Paese alle prese con il terrorismo di matrice brigatista e l’eversione armata di stampo fascista. E da ministro dell’Interno ha affrontato con dedizione e determinazione i difficili anni «anni di piombo». Sotto il suo dicastero si contavano, infatti, più di 200 organizzazioni terroristiche attive in Italia.

Fu promotore nel 1982 insieme a Pio La Torre - a sua volta ucciso da "cosa nostra" - della legge che introdusse il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel Codice penale, che fu approvata dal Parlamento 10 giorni dopo l’assassinio del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, poco tempo prima nominato prefetto di Palermo. Fra le sue riforme più significative in qualità di ministro dell’Interno va ricordata la "smilitarizzazione" della Polizia di Stato, realizzata nel 1981.

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