È l’unica donna sopravvissuta al naufragio avvenuto l’altra notte al largo di Lampedusa. Ha 25 anni, è tunisina, si chiama Wafa e ha detto di essere incinta. Ma non può gioire per lo scampato pericolo: con lei c’era infatti anche il fratellino di cinque anni, che non figura nell’elenco dei superstiti.Wafa era insieme ai migranti - 136 secondo le testimonianze raccolte dagli uomini della Capitaneria - partiti dalla Tunisia e soccorsi nelle acque di Lampione, un isolotto a dieci miglia da Lampedusa. Un giallo, quello di quest’ennesimo viaggio della speranza finito male: non convince, infatti, il racconto degli extracomunitari soccorsi che hanno parlato del naufragio di un barcone - di cui non è stata trovata traccia però - colato a picco. Più probabile che gli occupanti siano stati abbandonati a poca distanza dalla costa dagli scafisti che poi hanno ripreso il mare.Ma Wafa, come gli altri compagni di viaggio, parla di un incidente, di un’imbarcazione fatiscente affondata, della paura e della morte di tanti compagni di viaggio: come il suo fratellino di 5 anni, annegato, secondo i racconti dei migranti, insieme ad altre 79 persone. «Siamo partiti dal porto di Sfax», spiega agli operatori umanitari che l’hanno assistita subito dopo lo sbarco. Qualcuno l’ha anche riconosciuta visto che per lei si trattava del secondo «viaggio della speranza». Già l’anno scorso Wafa aveva infatti provato a raggiungere l’Italia. Allora non era stato il mare a fermarla, ma la legge. E, arrivata a Lampedusa, era stata rimpatriata. Ma la voglia di trovare una vita nuova in un nuovo Paese l’ha spinta a ripartire. Stavolta col fratellino, quel che restava della sua famiglia dopo la morte dei genitori. «In Tunisia facevo la parrucchiera - spiega - ma non guadagnavo abbastanza. Per questo ho deciso di tentare nuovamente la sorte insieme a mio fratello. Non abbiamo altri parenti, non potevo lasciarlo solo».Con il viso tirato dalla stanchezza e gli occhi gonfi di pianto, Wafa ricostruisce i momenti terribili del naufragio, la tragedia del barcone affondato, le grida di terrore dalle decine di persone stipate su un legno fragile che aveva attraversato il mare. Wafa non sa nuotare. Come suo fratello. Lei ce l’ha fatta. Lui no. Lo racconta in lacrime, disperata per non essere riuscita ad afferrarlo e a portarlo con sè sugli scogli. «Era buio, ho cercato di tenerlo stretto ma poi l’ho perso di vista e il mare se l’è preso...».La giovane tunisina racconta che sul barcone c’erano altre due donne e un ragazzino di circa 17 anni. Anche loro sarebbero morti, ma altri testimoni parlano di nove donne e sei bambini dispersi.Ora Wafa è al Poliambulatorio di Lampedusa: i medici la tengono sotto osservazione e stanno facendo accertamenti anche per controllare le condizioni del bambino che porta in grembo.«Sono incinta di due mesi», ha rivelato quando l’hanno fatta sbarcare a terra. Forse suo figlio riuscirà a nascere in Italia, quel paese che il fratellino di Wafa non è invece mai riuscito a raggiungere.