Le famiglie affidatarie potranno adottare i bambini loro assegnati, se non è possibile il rientro nei nuclei originari. È l’obiettivo della proposta di legge che ieri ha avuto il primo sì, a larga maggioranza, in commissione Giustizia al Senato. Oggi la legge 184 del 1983 impedisce ai genitori affidatari di passare all’adozione. Col rischio che, allo scadere del termine, il minore che non può tornare nella famiglia biologica, dichiarato adottabile, sia inserito in un’altra famiglia ancora. La
ratio all’origine della legge vigente era stata quella di evitare che l’affido potesse essere usato strumentalmente per adottare. La proposta prende atto della realtà attuale: tantissimi bambini inizialmente affidati, restano nelle famiglie 'temporanee'. «In sostanza cade l’attuale divieto all’adottabilità da parte delle famiglie affidatarie anche se l’affido non diventerà una corsia preferenziale», spiega la relatrice
Rosanna Filippin (Pd). «L’obiettivo - precisa - è sempre quello di far tornare il minore nella famiglia di origine. Spesso però dopo i 24 mesi di affido di legge non ci sono le condizioni per il reinserimento, il minore viene dichiarato adottabile ma non può rimanere con la famiglia affidataria ed è costretto così ad un altro cambiamento». L’istituto dell’affido, com’è noto, serve per dare ai minori che non possono vivere con i loro genitori (ad esempio tossicodipendenti) un 'rifugio' temporaneo in attesa che il nucleo originario si normalizzi. Spesso, purtroppo, non succede. Se il testo diventerà legge, qualora un minore affidato venga dichiarato adottabile, la famiglia o la persona affidataria sarà considerata il principale referente ai fini dell’adozione. Il ddl non dovrebbe trovare ostacoli all’approvazione definitiva visto il sostanziale accordo tra maggioranza e opposizione. «Accade non di rado – spiega la senatrice – che i bambini vedano protrarsi in modo anomalo il periodo di affidamento. Sono oltre il 60% dei casi. Costringerli a vivere una nuova esperienza di distacco non giova certo. Eppure i tribunali continuano a decidere in modo difforme e non sempre nel superiore interesse del minore». «È un provvedimento utile che riconosce quello che già succede in moltissimi casi», sostiene
Cristina Nespoli, presidente dell’associazione Enzo B: «Fornirà un’indicazione più chiara ai giudici e ai servizi sociali. Oggi succede spesso che i 24 mesi vengano superati: nell’impossibilità, frequente, di far rientrare il minore nella famiglia da cui è stato allontanato nel suo interesse, comincia l’iter per decretarne l’adottabilità. I tribunali dei minori esercitano un’ampia discrezionalità e gli affidi possono durare anche diversi anni». Un limbo da cui a volte gli stessi minori decidono di uscire, chiedendo, diventati maggiorenni, l’adozione nella famiglia affidataria.