Il vescovo di Oppido-Palmi, Alberti, e don Rigoli, subito dopo l'incendio
Un «gesto ignobile, un attacco diretto a tutti i cittadini della nostra preziosa regione», in particolare «a tutti coloro che quotidianamente credono e lottano in modo onesto e rispettoso a favore della dignità». Così, con una nota, i vescovi calabresi definiscono il grave attentato contro il parroco di Varapodio (Reggio Calabria), don Gianni Rigoli, un fatto mai accaduto nel territorio. Nel tardo pomeriggio di sabato è stata bruciata la sua auto mentre stava celebrando la Messa vespertina e le alte fiamme hanno danneggiato anche la canonica.
Lo scorso 15 gennaio don Gianni era stato aggredito e picchiato da due persone, poi identificate, all’uscita della Messa nella chiesa parrocchiale. La Cec, dopo aver espresso «la più ferma condanna per l’atto vandalico», scrive che la Calabria «non può e non deve essere rappresentata da alcuni criminali accecati da una mentalità mafiosa: questo modo di agire e di pensare non appartiene all’etica e all’umanità dei calabresi!». E ancora: «La violenza, sotto ogni sua forma, è un linguaggio che rifiutiamo categoricamente» e che «non ispira mai i gesti e le parole di chi si professa credente nel Dio della pace e della mitezza, pertanto non può trovare spazio nella società civile, a meno che non si ricerchi lo smarrimento di ciò che rende umani».
La conferma dell’incompatibilità tra mafie e Vangelo. Dalla Cec solidarietà e sostegno al vescovo di Oppido-Palmi, Giuseppe Alberti, al parroco e a tutta la comunità di Varapodio e l'invito a «tutti i fedeli e alle persone di buona volontà a unirsi in preghiera per il parroco e per la parrocchia di San Nicola e Santo Stefano, affinché possano superare questo momento con forza, speranza e rinnovato impegno apostolico». Infine, la Cec «ribadisce la propria volontà a lavorare senza sosta per la promozione della pace, della legalità, del dialogo e della fraternità tra tutti gli uomini e le donne del nostro tempo, affinché atti simili non trovino più terreno fertile», nella speranza «che le diverse Istituzioni educative continuino ad allearsi per formare generazioni libere da odio e vendetta».
Alberti si era recato a Varapodio nella stessa serata di sabato. Poi, domenica, una nota molto forte nella quale si condanna «senza riserve tale atto di violenza» che «rappresenta un duro colpo volto a destabilizzare ancora una volta la comunità in un momento in cui dialogo e riconciliazione sembravano costituire la via percorribile di pacifica serenità all’interno della comunità di Varapodio». Il vescovo, che si era già impegnato molto in occasione dell’aggressione, torna a sottolineare «l’importanza di affrontare le divergenze attraverso il confronto chiaro e aperto», invitando «la comunità a unirsi in preghiera e a respingere la violenza, abbracciando i principi fondamentali di rispetto e tolleranza». Parole chiare di una Chiesa che non intende tacere, chiedendo la collaborazione di tutti. E arriva un forte segnale con la diffusa solidarietà intorno allo slogan “Io sto con don Gianni”. Istituzioni locali, associazioni, parrocchie, singoli cittadini. E anche questa è una novità, ma positiva. Se ne fa interprete don Pino De Masi, parroco di Polistena, referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro e voce storica del movimento antimafia calabrese. «Questi signori (?) - scrive rivolgendosi agli autori dell’incendio - è bene che sappiano che non hanno colpito don Gianni, ma tutta la Chiesa di Oppido Mamertina-Palmi. E tutta la Chiesa, guidata dal suo vescovo Giuseppe Alberti, ed in tutte le sue componenti unita a lui, reagirà compatta (con buona pace di chi pensa il contrario) continuando ad annunciare, senza paura, il Vangelo di liberazione da ogni schiavitù compresa quella mafiosa ed educando le nuove generazioni ad una cultura alternativa a quella mafiosa».
Intanto, Alberti invita tutti i fedeli ad una fiaccolata silenziosa che avrà luogo a Varapodio, sabato prossimo, alle 20.