I millennials sono i giovani nati tra i primi anni ’80 e gli anni “zero”, chiamata anche la “Me, Me, Me generation”, la generazione io-io-io. Ed è proprio questo l'interrogativo, rilanciato anche sul Time Magazine dal giornalista Chris Weller: "Po-stiamo sui social media con regolarità, attraverso profili e account che pongono la domanda: Chi sei?”.
Chi sei, dunque.
Proprio questa “ricerca di identità” (come recita il sottotitolo della mostra) è il filo conduttore dell'esposizione, frutto del “Millennial Project”, un percorso di indagine e condivisione durato sei mesi: 75 ragazzi statunitensi e canadesi tra i 25 e i 35 anni si sono confrontati via Skype e sui social network sulle loro domande ed esperienze quotidiane, lasciandosi provocare da alcuni testi di don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, oggi diffuso anche in America.
Le videochiamate, i post e i tweet sono divenuti il luogo di una straordinaria ricchezza di racconto e di scoperta di sé che il percorso della mostra ripropone al visitatore attraverso panmnelli fotografici e illustrativi. La visita non è guidata, ma al termine i visitatori possono fermarsi a dialogare con i curatori e le guide americane, e lasciare un commento dalle postazioni i-pad o dal proprio smartphone, che sarà visualizzato in live feed.
“Noi Millennials, - si legge nella mostra - perseguiamo quella promessa ricevuta quando eravamo piccoli: che le nostre vite sarebbero state straordinarie. Per molti di noi, nati negli ottimistici anni al volgere del millennio, questa grandezza è stata elusiva. […] Mentre molti commentatori si sono dilungati sugli alti tassi di mobilità, sul crescente numero di lauree universitarie e sulla propensione all’idealismo della nostra generazione, noi, piuttosto, siamo acutamente consapevoli del dramma inerente al continuo tentativo di inventare una risposta a quella domanda: chi sei? L’immagine sorridente pubblicata sulla pagina Facebook si rivela effimera e la solitudine prevale - la vita non è quel che era stato promesso. […] Siamo di fronte ad una scomoda verità: una generazione che ha protetto con cura la stima di sé ed ha allargato a dismisura le possibilità di stili di vita ma non è diventata, come risultato, più felice”.
Ed è qui dove i Millennials si trovano ad affrontare la domanda di ciò che davvero dà senso alla vita.
La mostra è a cura di José Medina, Martina Saltamacchia, Carolina Brito, Amy Sapenoff
Con Monica Canetta, Federica Fromm, Jonathan Ghaly, Emily Marsolek, Beth Nelson, Vincent Petruccelli, Laurence Rivest, Stephanie Stockman, Emily Wurzler.