martedì 30 agosto 2011
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Interverremo sulle pensioni di quelli «che non hanno lavorato», aveva detto giorni fa il ministro leghista Roberto Calderoli. Ha avuto ragione solo a metà, dato che la proposta in campo previdenziale squadernata all’improvviso ieri mattina dai tecnici del Tesoro e dal loro ministro Giulio Tremonti agisce eccome - anche se sotto un profilo diverso e innovativo - sugli assegni di quanti hanno lavorato. E produce pure effetti rilevanti: secondo le prime elaborazioni, saranno circa 80mila (solo per i 12 mesi del servizio militare) gli italiani che si vedranno costretti a rinviare il pensionamento, con un possibile risparmio per le casse dello Stato vicino, a regime, a 1-1,5 miliardi di euro.Nel dettaglio, la modifica agisce unicamente sul regime di coloro che lasciano il lavoro con 40 anni di contributi (che è finora la via più usata per la pensione anticipata), disponendo l’esclusione - dal calcolo degli anni di contribuzione - dei periodi relativi al corso di laurea (quindi dai 2 ai 6 anni) e al servizio militare. Varranno, insomma, solo gli «anni effettivi» di lavoro. Con l’avvertenza, però, che i periodi esclusi restano comunque utili ai fini del calcolo dell’assegno pensionistico, oltre che - a quanto pare - validi ai fini del pensionamento d’anzianità ordinario (35 anni di contributi in aggiunta al requisito anagrafico, oggi regolato dal sistema delle quote) e della normale pensione di vecchiaia.In pratica, quindi, quanti hanno pagato di tasca propria per farsi riconoscere gli anni di studio o godono dei contributi figurativi (quelli cioè riconosciuti, ma per i quali non si paga) per il periodo militare manterranno invariato l’importo dell’assegno che matureranno ma, nell’unico caso dell’uscita dopo 40 anni, potranno accedervi più tardi. Di fatto, sarà come dover andare in pensione più tardi: per fare un esempio, una persona che attualmente lascia il lavoro (in trattamento anticipato) con 40 anni di contributi, fra i quali rientrano però anche 3 anni di laurea e 1 di militare, si troverà di colpo ad averne solo 36 di contribuzione; e, pertanto, dovrà continuare a lavorare per altri anni oppure "ripiegare", facendo i dovuti calcoli, sul canale alternativo delle quote.Per l’esperto di previdenza del Pdl, Giuliano Cazzola, la norma decisa è «opportuna» e potrebbe dare «almeno 500 milioni» già nel 2013 (destinati poi a salire), mentre di parere drasticamente critico è Elsa Fornero, per la quale siamo davanti a un «intervento meschino ed estemporaneo ipotizzato da chi non capisce nulla di sistemi previdenziali», oltre che «penalizzante per gli uomini» alle prese con il servizio militare.Con la sola esclusione del militare per la pensione di anzianità,  potrebbero essere circa 80mila le persone costrette a rinviare il momento del ritiro. Nel 2010 (anno, però, in cui le uscite per anzianità sono state particolarmente elevate), stando all’ultima relazione annuale Inps, sono infatti usciti dal lavoro, per quanto concerne l’Inps, circa 134mila uomini (le donne sono state solo 39mila), con una media d’età anagrafica di 58,3 anni. La maggior parte di loro è uscita con 40 anni di contributi (e senza bisogno del requisito anagrafico) ed è ipotizzabile che oltre la metà abbia cominciato a lavorare molto presto, utilizzando per arrivare ai 40 anni anche il militare.Se si considera una pensione di anzianità media di poco meno di 20mila euro l’anno, il risparmio per le casse dello Stato che si otterrebbe appunto con la sola esclusione del militare potrebbe aggirarsi a regime su 1,5 miliardi.
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