Dici Buenos Aires ed evochi Las Vegas. Quando ancora si chiamava corso Loreto, per Manzoni il quartiere che fiancheggiava era il suo lazzaretto. Oggi, quei 1.600 metri tra il piazzale che ricorda la demolita chiesa della Santa Casa e corso Venezia accolgono ogni giorno centinaia di malati di gioco. Fai cadere uno spillo sulla mappa del Comune con i luoghi dell’azzardo, e lì facilmente spunterà una sala scommesse. O un bar con le slot, che poi non è molto diverso.
In zona Buenos Aires sono 8 le prime, una sessantina i secondi. Paola Testori, 31 anni, commercialista, tutte le mattine ci passa per raggiungere lo studio di viale Majno. E quando parla dell’alveo commerciale con uno dei fatturati più alti al mondo, evidenzia una grande contraddizione: «I bar mi sembrano un po’ sempre uguali, senza investimenti, senza rinnovo di locali...».
Per carità: non che negli isolati limitrofi sia molto diverso. Ma se corso XXII Marzo, Stazione Centrale e perfino Città Studi insieme offrono circa 90 luoghi mangiasoldi, quando arrivi a Loreto la situazione degenera ulteriormente: una cinquantina di esercizi con le macchinette fa concorrenza a sette sale slot, in un raggio che se qua e là supera i 500 metri è solo perché il quartiere non ne ha voluto sapere di crescere a cerchio perfetto come la sua piazza.
«Ecco, allora non è un caso se l’Associazione giocatori anonimi ha sede qui alla parrocchia del Santissimo Redentore...». Don Natale Castelli ignorava di essere parroco della Montecarlo in versione meneghina, nella chiesa poche decine di passi da piazzale Loreto. Così, ora si interroga: «Nelle riunioni tra preti quello che vediamo è un po’ lo stesso per tutti. Mi immagino allora quanto possa essere il sommerso, qui da noi». Fatto sta che «tra i giocatori e i familiari che vengono allo scoperto, nell’Associazione, si sviluppa a livello laico una bellissima solidarietà. E molti, a uscire dal tunnel, aiutandosi vicendevolmente ci riescono».
I delitti a Quarto Oggiaro o in via Padova fanno notizia. Per carità: la famosa via multietnica a nord di Loreto ha più di 50 luoghi d’azzardo con una densità simile a quella degli altri quartieri mangiasoldi. E pure un’evidenza di reati poco incoraggiante. Ma le cartine di
Transcrime, un progetto sperimentale dell’Università Cattolica e della Statale di Trento in collaborazione con il Ministero dell’Interno, mostrano ciò che si fatica ad accettare: quando marchiano le zone con la maggior concentrazione di omicidi, rapine e furti in appartamento, Buenos Aires, Loreto e Centrale sono gli unici quartieri della metropoli ad arrossarsi 3 volte. E la sensazione di Lia Razzini, 30enne account manager pubblicitaria, è sempre più condivivisa: «Quando passo di lì, guardandomi in giro non mi sento sicura». Lì, cioè non l’estrema periferia, ma una zona dove con cinque fermate di metro sei in piazza Duomo.
Azzardo e delitti piagano soprattutto la Milano centro-orientale, ma la loro morsa – soprattutto il tentar la sorte – stringe non molto meno il settore circolare racchiuso tra la cerchia interna e quella esterna. Per esempio l’Isola, dove attorno a corso Como le macchinette trovano casa in 34 locali. E dove il rosso della mappa Transcrime lancia l’allarme omicidi e rapine. Oppure a ovest in zona Selinunte, che tra macchinette, furti e rapine richiede conteggi non tragici ma tutt’altro che veloci. Poco più a nord ovest, è il QT8 a sancire un vero primato: zero sale giochi, solo tre attività con le slot, cinque luoghi aggregativi, bassa concentrazione di reati. «Abbiamo diversi problemi – scandisce Simone Zambelli, presidente del Consiglio di zona 8 –. Ma, fortunatamente, azzardo e delinquenza non ci appartengono».