Forse un difetto di comunicazione, probabilmente un ennesimo caso di incomprensione, ma l’ultimo pasticcio in tema di immigrazione si sta consumando in questi giorni in due territori di frontiera come Siracusa e Pozzallo. Quasi cento africani, provenienti da zone di pericolo, salvati in mare dall’operazione Mare Nostrum, identificati sulle navi miliari e poi sbarcati nel porto di Augusta, quattro giorni fa sono stati “invitati” a lasciare l’Italia, attraverso la frontiera di Fiumicino (via aereo, quindi), perché non avevano presentato la richiesta di asilo. Almeno la metà di loro si trova in strada, fuori da ogni struttura, senza un tetto e un’assistenza adeguata. La denuncia circostanziata arriva da tre enti attivi nell’accoglienza dei migranti, l’Asgi (Associazione studi giuridici) sezione Sicilia, l’associazione Borderline Sicilia onlus e la Rete antirazzista catanese, che sottolineano «le gravissime violazioni del diritto d’asilo messe in atto da alcune questure siciliane, attraverso la prassi dei respingimenti differiti». La questura di Ragusa si difende, affermando di aver agito secondo la normativa vigente.Le associazioni raccontano di vari casi avvenuti nell’ultimo mese, dopo lo sbarco ad Augusta. «Da lì alcuni sono stati trasferiti al centro Umberto I di Siracusa, altri al Cspa di Pozzallo e poi respinti e lasciati sul territorio - scrivono le associazioni -. Un primo gruppo di gambiani, arrivato in Sicilia i primi di gennaio, è stato, dopo il respingimento effettuato dalla questura di Siracusa, trasferito al Cie di Milo (Trapani). Stesso provvedimento per un altro gruppo di gambiani e nigeriani arrivati il 24 gennaio, che dopo la notifica dell’atto, sono stati lasciati sul territorio e la loro accoglienza gestita dalla buona volontà di associazioni e singole persone». Gli ultimi due episodi risalgono a pochi giorni fa: «Il primo riguarda il respingimento da parte della questura di Siracusa nei confronti di un gruppo di dodici nigeriani poi trasferiti al Cie di Ponte Galeria a Roma, e di quarantadue senegalesi lasciati per strada - aggiungono le associazioni -. Il secondo riguarda quaranta nigeriani, che si trovavano nel Cspa di Pozzallo, ai quali la questura di Ragusa ha notificato i provvedimenti di respingimento differito, lasciando anche loro di sera per strada. Nel gruppo presenti anche due donne, di cui una in gravidanza».La questura di Ragusa, interpellata da Avvenire, chiarisce che «abbiamo operato nel rispetto della normativa vigente - afferma Giovanna Cassarino, primo dirigente della divisione Polizia amministrativa e sociale e dell’immigrazione -. Alla presenza di un mediatore culturale sono stati spiegati a tutti i diritti di cui potevano godere e nessuno di loro ha voluto fare richiesta di asilo. In ogni caso, anche in presenza di provvedimento amministrativo di espulsione, è sempre possibile chiedere la protezione. Quindi, le associazioni si possono fare parte attiva e accompagnare i migranti a presentare la domanda, se è questa la volontà dei singoli». La questura di Siracusa, invece, si riserva di esaminare meglio il caso e di fornire una replica in un secondo momento.Intanto, l’Asgi, guidata dall’avvocato Carla Trommino, ha già impugnato alcuni provvedimenti sollevando la questione di legittimità costituzionale dei respingimenti differiti: «Si tratta di prassi assolutamente arbitrarie e lesive di fondamentali diritti». A raccontare la grave situazione in cui si sono trovati i 40 nigeriani a Pozzallo è stata Germana Graceffo, attivista di Borderline. Per alcuni si è trovata una soluzione di ospitalità, «altri purtroppo si sono dispersi in una situazione di fragilità sociale. Quattro di loro sono stati avvicinati da un nigeriano che, adescandoli e sottraendolo loro i documenti, gli ha promesso qualcosa, facendoli allontanare dal gruppo. Invece, le due donne di cui la giovane in gravidanza, sono state accolte da un centro gestito da un prete di Vittoria mentre i 12 ragazzi, per fortuna, verranno accolti in una chiesa di Rosolini».Buone notizie, invece, per chi attende di aver riconosciuto lo stato di rifugiato. Il Ministero dell’Interno, con proprio decreto, ha istituito a Palermo una sezione distaccata della «Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale» con sede a Trapani, che dovrà procedere, nei prossimi mesi, alle prescritte audizioni dei richiedenti asilo, circa 700, che già si trovano nelle province di Palermo e Messina. «Abbiamo così la speranza che chi avrebbe dovuto attendere fino a ottobre possa essere ascoltato anche ad aprile, riducendo anche molto i costi per lo Stato» aggiunge il direttore regionale della Caritas, don Enzo Cosentino.