martedì 5 settembre 2023
La strana idea di Chiesa del boss di Cosa Nostra nel libro "La cattura" firmato dal procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia e dal giornalista Salvo Palazzolo
Una foto diffusa dopo la cattura di Matteo Messina denaro

Una foto diffusa dopo la cattura di Matteo Messina denaro - ANSA

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La fede? « Non vuole intermediari?». La Chiesa? «Si è politicizzata, ha militarizzato i propri esponenti che condannano e puniscono come flagellatori di corpi e di anime». Non contento d’essere stato il “ministro degli esteri di Cosa nostra”, Matteo Messina Denaro vuole ergersi anche a sant’uffizio mafioso. Gli appunti del boss sono una miniera, non solo per decifrare il governo della mafia contemporanea, ma per venire a capo di una mentalità che si traveste di modernità, e non cambia mai. Il capomafia, l’ultimo dei padrini della cupola a guida corleonese, con i suoi “pizzini” non si rende neanche conto di aver dato ragione a Giovanni Paolo II, alla sua condanna della mafie e a quella Chiesa che ha deciso di tenere gli uomini del disonore fuori dalle sacrestie.

Lo rivela “La cattura”, il libro edito da Feltrinelli con cui il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, e il giornalista di Repubblica, Salvo Palazzolo, raccontano in presa diretta l’indagine e la cattura di Matteo Messina Denaro, attraverso i segreti della mafia e quelli di Stato. Da Gladio, la rete di paramilitari nata dall’intesa tra gli americani della Cia e i servizi segreti italiani, fino alle odierne infiltrazioni. Sono le 9.12 del 16 gennaio 2023. Il procuratore aggiunto Paolo Guido chiama De Lucia: « L’abbiamo preso». E con quella telefonata la storia d’Italia cambia ancora.

I “diari” del mammasantissima arriveranno dal lavoro degli uomini del colonnello Lucio Arcidiacono, comandante del primo reparto del Ros dei carabinieri, l’ufficiale che ha guidato la caccia e che per primo ha messo le mani sulla preda. «Quando la Chiesa ha posto sull’altare don Pino Puglisi, proclamandolo beato, ribadendo la scomunica agli uomini della mafia - scrivono De Lucia e Palazzolo - Messina Denaro è andato su tutte le furie». Il capomafia di Castelvetrano lo spiega in uno dei suoi “pizzini”. Lui che un tempo si vantava - «con le persone che ho ammazzato potrei riempire un cimitero» - si arroga il diritto di stabilire cosa è bene e cosa è male.

«Ho imparato e mi hanno insegnato che le religioni e quindi anche quella cattolica interessa lo spirito e attiene all’anima, a una giustizia che non è di questa terra», premette. « La fede è la più alta passione dell’uomo. La Chiesa in quanto detentrice del potere spirituale è sovraordinata nella cura dell’anima. Oggi invece la Chiesa si è politicizzata - insiste-, ha militarizzato i propri esponenti che condannano e puniscono come flagellatori di corpi e di anime». Per il catechismo dei “malacarne” è troppo sentirsi dire d’essere un criminale con la coscienza che affoga nel sangue delle proprie vittime. «Il rapporto con Dio è personale - dice Messina Denaro -, non vuole intermediari e soprattutto non vuole alcun esecutore terreno».

Poi l’attacco diretto, messo nero su bianco da uno degli uomini che fra l’altro diede il via libera agli attentati del 29 luglio 1993: le bombe a Roma contro la basilica vaticana di San Giovanni in Laterano e la chiesa di San Giorgio al Velabro. È come se il padrino li rivendicasse per iscritto. E stavolta gli serviranno più parole del solito: «Gli anatemi sono espressioni umane non certo di chi è solo spirito e perdono. Non sono coloro che si proclamano i soldati di Dio a poter decidere e giustiziare il mio corpo esanime, non saranno questi a rifiutare le mie esequie. Sono io in piena coscienza e scienza che rifiuto tutto ciò perché ritengo che il mio rapporto con la fede è puro, spirituale e autentico, non contaminato e politicizzato. Dio sarà la mia giustizia, il mio perdono, la mia spiritualità». Un vaneggiamento che non conosce senso del limite e, salvo ripensamenti, chiede che neanche nel giorno dell’addio ci siano preti intorno: «Chi come oggi osa cacciare e ritenere indegna la mia persona non sa che non avrà mai la possibilità di farlo perché io non lo consento, non ne darò la possibilità».

Neanche la malattia sembra avere portato giudizio né ravvedimenti. E nell’inverso abisso del mafioso. il boss usa per altri parole che andrebbero lette allo specchio: «Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato».

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