Stefano Carofei ipa agency
Il ricordo «dell’abisso più oscuro toccato dall’umanità» come antidoto contro «l’infezione» del male che ancora «serpeggia intorno a noi». Dopo la visita di lunedì ad Auschwitz, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rinnovato la commemorazione per gli 80 dalla liberazione del campo di concentramento nazista al Quirinale, dove ieri, assieme al capo dello Stato, era presente anche la premier Giorgia Meloni, assieme ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, il vicepremier Antonio Tajani e diversi altri ministri.
Mattarella ha ricordato il suo viaggio ad Auschwitz, «luogo di morte per antonomasia, simbolo tetro e incancellabile, testimonianza dell'abomino di cui è capace l'essere umano quando abbandona il diritto, la tolleranza, il rispetto e si incammina sulla strada dell'odio, della guerra, del razzismo, della propria dignità, della barbarie». Un capitolo buio della storia dell’occidente, che impone la necessità di «rinnovare un patto tra le nazioni e i popoli che, in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando, in cui la violenza, l'aggressione, l'inimicizia e la guerra, accende una speranza».
Il presidente della Repubblica ha ricordato le responsabilità italiane che hanno condotto «al punto d'approdo di un'ideologia barbara e disumana, ignobile frutto di un pensiero e di una mentalità piuttosto diffuse, che affondano le radici in secoli di pregiudizi. Auschwitz - ha continuato - è la conseguenza diretta delle leggi razziste, ignominiosamente emanate anche in Italia dal regime fascista e della furia antiebraica nazista, di cui il regime fascista e la Repubblica di Salò furono complici e collaboratori, fino alla soluzione finale». Anche il nostro Paese, dunque, fu parte di «quell’universo di orrore e di abiezione che appartiene a quello stesso genere umano che oggi guarda a quella stagione con dolore, sconcerto, talvolta con la tragica indifferenza di chi pensa che si tratti di un passato che non può tornare».
Diventa allora importante comprendere che «con la definitiva sconfitta del nazifascismo in Europa, con la ripresa delle democrazie, le ferite non si sono mai del tutto rimarginate». Perché, è vero, «era arrivata la liberazione, ma ombre, parole e fantasmi continuarono, e continuano, a generare inquietudine. Cominciava un'era di libertà e di solidarietà, ma il suo avvio era accompagnato da non piena consapevolezza degli orrori più perversi degli anni della guerra, da dubbi sulle prime notizie, talvolta da incredulità rispetto a quanto era avvenuto nei campi nazisti. Lo sa bene chi è sopravvissuto a quella tragica e disumana esperienza». Persone tra le quali c’è anche la senatrice a vita Liliana Segre, presente alle celebrazioni assieme alla presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche, Noemi Di Segni. Il pensiero di Mattarella si è rivolto anche a lei: «È doloroso e inaccettabile che vi siano ignobili insulti razzisti alla senatrice Segre, su quei social media che sono nati come espressione di libertà e che rischiano invece, sovente, di diventare strumento di violenza e di negazione di diritti. Occorre mettervi un argine. Sono reati gravi, che vanno perseguiti a tutela della libertà e della giustizia». La senatrice stessa ha preso la parola, soffermandosi sulla necessità di superare l’odio con l’accoglienza: «Accoglienza all'altro, di qualunque colore, di qualunque religione, etnia, nazionalità. L'accoglienza – ha insistito – risolverebbe tutti i problemi».
La premier Meloni, lasciando il Quirinale, ha anche lei evidenziato l'importanza di «attualizzare il racconto» delle atrocità commesse dal nazifascismo nei confronti degli ebrei: «È una di quelle battaglie che non si finisce mai di combattere». Una necessità segnalata anche dal ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara: «Non far vincere l'orrore significa anche reperire faticosamente le parole e i concetti per raccontarlo, coltivare l'urgenza, prima ancora che il dovere, della Memoria».
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