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Sulla gestione dei flussi, la sicurezza dei confini e il principio del blocco delle partenze Giorgia Meloni non arretra di un passo e in ogni caso, per quanto riguarda Cutro, la sua «coscienza è a posto». La premier lo ha messo in chiaro ieri, nel corso delle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo, il terzo da quando è a Palazzo Chigi. L’occasione giusta per ribadire la linea già espressa anche sul sostegno a Kiev e la transizione energetica.
Il nodo migratorio resta però quello su cui il capo dell’esecutivo ha insistito di più, a cominciare dal principio che «le nostre frontiere marittime sono europee» e quindi «l'Ue deve difenderle». Una logica che Palazzo Chigi vuole imporre a Bruxelles a ogni costo. Non a caso nella telefonata fatta a Ursula Von der Leyen in serata (seguita a quelle con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis), Meloni ha chiesto esplicitamente di agire «con urgenza» e «a livello europeo». Rispetto ai soccorsi, però, «gli Stati di bandiera che finanziano le Ong devono assumersi le responsabilità attribuite loro dal diritto del mare». Ad ogni modo il piano Ue sull’immigrazione «contiene anche punti importanti», anzi, fino a poco tempo fa «inimmaginabili», per esempio il «rafforzamento del ruolo di Frontex». Insomma, «un cambio di paradigma» apprezzabile che però non può «ancora dirci soddisfatti».
Su Cutro, replicando all’intervento della senatrice dem Tatiana Rojc, il capo dell’esecutivo ha ripetuto quanto detto nel Cdm calabrese e cioè che «non esistono prove che il governo italiano potesse fare di più». «Sono una madre – ha però rimarcato con decisione – per cui vi prego, cerchiamo di mantenere bassi i toni del dibattito. Ho la coscienza a posto. L’Italia è stata lasciata da sola».
C’è poi il capitolo della guerra, che per altro ha registrato il distinguo della Lega, con il capogruppo a Palazzo Madama, Massimiliano Romeo, che nel suo intervento ha manifestato la «preoccupazione» per l’invio di armi sempre più potenti e per l’«escalation» che ne potrebbe derivare. Una semplice divergenza di opinioni, ha subito archiviato una fonte parlamentare di Fdi, anche perché, in fondo, «ciò che conta è il voto sulla risoluzione».
Per il resto la direzione del governo non cambia: il «pieno sostegno» a Kiev è confermato e « verrà assicurato in ambito militare, civile umanitario senza badare all'impatto che queste scelte possono avere sul consenso della sottoscritta». Non stupisce quindi che l’Italia abbia «formalizzato un sesto pacchetto di aiuti militari» per rafforzare «soprattutto le difese aeree» dell’Ucraina. Ma la difesa è un tema caro al governo anche all’interno dei confini nazionali: «Non abbiamo mai fatto mistero di voler aumentare le spese militari, come fatto i governi precedenti, magari di soppiatto. La libertà ha un prezzo: se non sei in grado di difenderti lo fanno altri ma imponendo un prezzo».
Barra dritta anche sulla transizione energetica, il che non significa non condividere «gli obiettivi di azzerare le emissioni di Co2 nel 2035», ma non è l’Europa «che può dire come raggiungerli». Poi la puntualizzazione sulla proposta di regolamento sulle emissioni di veicoli leggeri, «inopportuna nella sua forma attuale, perché rischia di consegnarci a nuove dipendenze».
Il tema, insomma, resta motivo di attrito con l’Unione e di scontro con le opposizioni, anche se su alcune parti della mozione di maggioranza il Terzo polo ha voluto dare il proprio appoggio, incassando a sua volta il parere favorevole dell’esecutivo sul proprio testo. Precluse le altre tre risoluzioni depositate dal Pd, M5s e Avs.