lunedì 27 ottobre 2014
L’Italia ha supplito a una tragica assenza di Strasburgo. L’allarme della Caritas: «Si rischiano stragi».
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Vaglielo a spiegare, ai tecnici in giacca e cravatta di Strasburgo, che il Pil è un numero su un pezzo di carta e i profughi sono carne e ossa ammassate su un pezzo di legno alla deriva nel Mediterraneo. La differenza è un abisso, e nell’abisso si agitano tutte le domande sull’imminente fine dell’operazione Mare Nostrum. Che per alcuni sarà anche stata una spesa folle, per tutti uno sforzo inaudito, «ma che fosse anche solo per la vita di un bambino salvata è l’onore più grande di cui può fregiarsi il nostro Paese».Guido Bolaffi misura le parole: tra i massimi esperti europei d’immigrazione, già presidente del Comitato per i minori stranieri non accompagnati e capo del Dipartimento del Ministero delle Politiche Sociali, non prevede scenari apocalittici per la fine dell’operazione italiana e la staffetta con quella europea ribattezzata Triton. Anzi, «la data del primo novembre mi sembra sensata visto l’inizio della stagione invernale e il fisiologico arresto delle traversate, senza contare che l’Italia non poteva proseguire oltre nel supplire a una mancanza epocale e tragica come quella dell’Ue sull’immigrazione». Eppure c’è una ferita aperta e quella ferita è proprio l’incapacità di gestire i flussi migratori che investono l’Europa: «Siamo fermi all’“ognuno pensi per sé”. La verità – osserva Bolaffi – è che l’Europa traballa di fronte alle ondate di globalizzazione, umana ed economica. Non siamo costituzionalmente preparati a gestirle, nei trattati del ’56 al tema immigrazione non è dedicata nemmeno una parola». Le difficoltà e i grandi scontri a livello europeo «sono sui budget, sui rendiconti, su margini e austerità. Ma il Pil non l’ha mai visto nessuno, gli immigrati li vedi». Mentre nel Mediterraneo la gente continua a cercare salvezza a costo della vita. Mentre i trafficanti di esseri umani fanno il buono e cattivo tempo. E mentre ai confini dell’Europa piegata su se stessa cresce la pressione di chi viene da lontano: «È inconcepibile che ciò che ha speso un Paese solo non possano spenderlo, dividendolo tra loro, 27 Paesi», continua Bolaffi. Così come inconcepibile è che 32 navi italiane che in un anno hanno salvato 94mila vite (tra cui 9mila bambini) siano rimpiazzate da appena 6 natanti (quelli che saranno messi in campo da Triton dopo il primo di novembre): «Forse invece che chiederci soldi extra, come i 340 milioni di cui si parla in queste ore, l’Europa potrebbe semplicemente pretendere che alcune navi italiane continuino a salvare vite nel Mediterraneo, a titolo europeo s’intende».Grande preoccupazione per la fine di Mare Nostrum esprime invece la Caritas, con il suo responsabile immigrazione Oliviero Forti: «Si rischiano più morti e nuove stragi lungo le rotte del Mediterraneo». Per Forti «i numeri delle persone che si rivolgono all’Help Center aumentano a vista d’occhio» e chiedono «protezione internazionale, perché non sono semplici migranti, ma persone che decidono di lasciare casa perché del loro paese d’origine restano solo macerie». Quanto ai costi sostenuti per il mantenimento di ogni singolo migrante, «lo Stato – ha ricordato Forti – paga 900 euro per il loro sostentamento, ma non sono somme che vengono erogate direttamente ai migranti: a loro spetta solo vitto, alloggio e un pocket money di circa 2,50 euro al giorno».
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