lunedì 8 agosto 2011
La cittadina belga fu teatro di uno dei più terribili incidenti in miniera della storia, in cui persero la vita anche 136 italiani. Il messaggio del capo dello Stato.
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Alle 8 e dieci del mattino di 55 anni fa, 262 lavoratori morivano in un inferno di fumo e fuoco a Marcinelle, in Belgio, teatro di uno dei più terribili incidenti in miniera della storia, in cui persero la vita anche 136 italiani. Oggi alla stessa ora, come ogni anno, i nomi delle vittime sono stati letti ad alta voce sul luogo della strage, e una campana ha suonato 262 volte, una per ogni minatore, più altri 12 rintocchi come il numero delle loro nazionalità.Anche in Italia cerimonie nelle città d'origine delle vittime hanno commemorato una disgrazia, che - ha sottolineato in un messaggio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano - ancora oggi ha un insegnamento da dare: il suo ricordo, ha scritto, «ci deve esortare a mantenere alta la guardia sul tema della sicurezza del lavoro, la cui attualità permane immutata nonostante gli indubbi progressi».Parole cui si sono uniti anche il presidente del Senato, Renato Schifani («la loro abnegazione - ha detto - costituisce un chiaro esempio per noi tutti e soprattutto per i giovani») e quello della Camera, Gianfranco Fini, secondo il quale la disgrazia «deve costituire un forte motivo di riflessione sull'esigenza imprescindibile di tutelare sempre e in ogni circostanza la vita, la salute e la dignità dei lavoratori».Arrivavano in tanti, dall'Italia, per diventare gueules noires in Belgio, facce annerite dal carbone nelle miniere. Nel secondo dopoguerra furono 140mila a emigrare in Belgio, anche grazie a un accordo di scambio tra il governo italiano e quello belga: l'Italia inviava mille minatori a settimana in cambio di 200 chili di carbone al giorno per emigrato. Poverissimi e in cerca di un futuro migliore, vivevano il presente nelle stesse baracche che pochi anni prima avevano ospitato i prigionieri sovietici dei lager tedeschi e poi, dopo la sconfitta, quelli tedeschi.L'8 agosto 1956 nelle miniere del Bois du Cazier qualcosa andò storto. Un carrello per il trasporto del carbone si bloccò in un montacarichi provocando la rottura di un condotto di olio sotto pressione e di alcuni cavi elettrici. L'esplosione e il successivo incendio intrappolarono gli uomini al lavoro a più di mille metri di profondità. Sopravvissero soltanto in 13, gli unici che si riuscì a riportare vivi fuori dalla miniera.L'ultimo di loro è morto nel 2007 ma a tenere viva la memoria ci pensano i familiari delle vittime. «Il tempo - ha detto ancora Napolitano - non attenua il ricordo di una sciagura che è divenuta simbolo del sacrificio e della nobiltà del lavoro italiano in Europa e nel mondo».
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