Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, durante l'audizione davanti le Commissioni Bilancio di Camera e Senato - ANSA
Le tensioni internazionali contribuiscono ad abbassare, e di molto, gli screzi sulla manovra e sulle ipotesi di nuove tasse sulla casa o sulla benzina che hanno creato dissapori anche nella maggioranza. Ma il rebus delle risorse da trovare è ancora lì, ingombrante e irrisolto. E se la parola “tassa” deve essere un attimo messa sotto il tappeto per motivi di consenso, l’altra parola, quella che crea meno timori, “spending”, è invece autorizzata a prendersi la scena. Nonostante sia gravida di conseguenze, specie se la forbice andrà ad abbattersi sui Comuni, già pronti a protestare. E poco cambia le cose il fatto che i «sacrifici» - chiesti a chi e in quale misura ancora non è chiaro - possano servire a mantenere intatto il rapporto spesa-Pil nella Sanità, il comparto in maggiore sofferenza e che più ha bisogno di ossigeno.
In questo contesto di caccia alle risorse c’è anche chi prova ad “autoproporsi”, ed è il settore dell’azzardo. Da alcuni giorni un’agenzia di stampa che spesso riporta le aspettative del comparto, l’Agimeg, sta lanciando ipotesi che creeranno certamente allarme tra chi è preoccupato per la piaga della ludopatia. Si ipotizzano infatti proroghe biennali onerose delle concessioni in scadenza per slot e Vlt e persino una sanatoria per il betting, rivolta alle agenzie di scommesse prive di concessione. L’agenzia vicina al comparto dell’azzardo non esclude nemmeno la conferma in modo strutturale della quarta estrazione del Lotto e del Superenalotto. Si parla anche di un documento ufficiale del governo per la regolamentazione del gioco fisico.
Insomma, sembra essere un’azione di pressing sul governo, che potrebbe essere tentato dalla prospettiva allettante di fare un po’ di cassa. Ma con costi sociali e sanitari ormai stranoti ed estesi anche ai giovanissimi.
Il quadro completo delle entrate e delle uscite della manovra prenderà forma solo nei prossimi giorni, quando sarà pronto il Documento programmatico di bilancio, che l'Europa attende entro il 15 ottobre. Termine che Bruxelles ha concesso a Roma anche per l'invio del Piano strutturale di bilancio appena approvato dal Parlamento. Il Dpb, che rappresenta l'ultimo step di avvicinamento alla legge di bilancio, formalmente attesa entro il 20 ottobre in Parlamento, verrà varato all'inizio della prossima settimana: si sta infatti considerando l'ipotesi di convocare il Consiglio dei ministri nel tardo pomeriggio di lunedì. Ma nulla può essere dato per certo, quando si parla della manovra. Quanto al Psb, che contiene il piano di rientro da debito e deficit in 7 anni, la palla passerà a ore a Bruxelles, che poi darà un responso entro un mese e mezzo, confermando o bocciando o integrando il cronoprogramma italiano.
Tornando alla voce coperture, la più delicata: al momento, ci sono i 9 miliardi in deficit ricavati dalle cifre del Psb, il potenziale miliardo che potrebbe arrivare dal taglio alle tax expenditures, il gettito stimato di circa un miliardo dal «riallineamento» delle accise del diesel e della benzina, i circa 4 miliardi frutto dell'abrogazione dell'Ace e dell'introduzione della global minimum tax, somme quest’ultime già destinate a rifinanziare la nuova Irpef a tre aliquote. Almeno 1,5 miliardi sono attesi dal concordato biennale (su cui i commercialisti tornano in pressing per chiedere una proroga del termine per le adesioni fissato al 31 ottobre), da cui dipende la possibilità di estendere i tagli dell'Irpef al ceto medio. Mentre sul fronte della spending review in senso stretto l'obiettivo è fissato a 2 miliardi per il 2025, ma è possibile che si tenti di fare qualcosa di più. E poi ci sono i proventi delle privatizzazioni in programma.
Le forbici agiranno senz’altro nei ministeri. Unico comparto pubblico esentato, come detto, la Sanità.