Il ministro Giorgetti con la premier Giorgia Meloni - REUTERS
In tempi di vacche magrissime e con una manovra economica densa di incognite alle porte, 2 miliardi possono fare la stessa differenza che passa tra una sconfitta in casa e un pareggio agguantato all’ultimo secondo di recupero. Per il governo, impegnato a far quadrare i lati di una coperta sempre troppo corta, una mezza àncora di salvezza potrebbe essere rappresentata dalla nuova tassa sulle multinazionali, la cui entrata in vigore è prevista il primo gennaio del prossimo anno. Una misura che dovrebbe portare nelle casse dello Stato, appunto, circa 2 miliardi, se non di più. Al Mef sono in corso i calcoli per determinare con precisione l’entità delle entrate su cui si potrà contare.
Comunque il decreto legislativo attuativo della delega fiscale, il primo dopo l’approvazione della legge quadro, è pronto per essere sottoposto ai necessari pareri e poi approvato dal Consigli dei ministri. Come anticipato oggi dal Messaggero, recepirà la direttiva europea del 2022, adottata in seguito all’accordo dell’Ocse sul “secondo pilastro” della tassazione delle multinazionali. L’obiettivo è fare in modo che le aziende multinazionali paghino effettivamente un’imposta di almeno il 15%, aliquota che spesso non viene raggiunta per detrazioni o crediti d’imposta che riducono la base imponibile.
Il decreto delegato dovrà entrare in vigore entro l’anno in modo che la norma possa produrre i suoi effetti dall’inizio del 2024. A quel punto il gettito potrebbe essere utilizzato a copertura della manovra. Le cifre, come detto, sono ancora in corso di valutazione in attesa della Nadef, che l’esecutivo dovrà presentare alle Camere prima della fine di questo mese.
Le priorità del governo, ha ripetuto in un’intervista al quotidiano romano il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, restano il taglio dell’Irpef e l’alleggerimento della tassazione sulle tredicesime. E sarà fondamentale portare a casa il citato decreto delegato sulla tassa a carico delle multinazionali, anche perché - al termine del suo iter parlamentare - la discussa norma sugli extraprofitti delle banche (contenuta nel deceto Asset, attualmente al vaglio del Senato) rischia di risultare meno “redditizia” del previsto per le casse statali. Come annunciato infatti dal ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti a Cernobbio, una settimana fa, la norma «sarà migliorata». E i cambiamenti sono già in via di definizione, come del resto aveva promesso ai banchieri, sempre a Cernobbio, il vicepremier forzista Antonio Tajani.
A recepire per prima le obiezioni del mondo bancario è stata infatti proprio Forza Italia, che punta ora su 4 bersagli: specificare che la norma è solo una tantum, non replicabile negli anni prossimi; escludere dalla tassazione i titoli di Stato detenuti dalle banche; introdurre la deducibilità della tassa (probabilmente al 50%); calibrare il prelievo in modo da rispettare le specificità delle banche più piccole, altrimenti troppo penalizzate rispetto ai grandi istituti.
Senza contare il «possibile rischio legato all’eventuale incompatibilità costituzionale della disposizione» (come fu il caso della Robin tax), segnalato dal Servizio bilancio del Senato. Un’incostituzionalità eventuale, per «disparità di trattamento», che - notano i tecnici di Palazzo Madama - potrebbe essere accertata «dopo l’avvenuto introito e la conseguente spesa delle somme in questione», provocando un peggioramento dei saldi per il denaro da restituire alle banche.
Insomma, la strada resta stretta, le risorse a disposizione poche e, per di più, incerte. Non a caso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro Giorgetti non si stancano di chiedere ai colleghi di governo e alla maggioranza parlamentare prudenza, compattezza e responsabilità. Perciò le richieste dei vari ministri saranno passate al microscopio dal Mef. Oggi, oltre a Tajani che dalla convention dei giovani di Forza Italia a Gaeta ha suggerito di «pensare alle pensioni di quelli che hanno cominciato a lavorare oggi», è stato il turno della ministra per l’Università e la Ricerca Anna Maria Bernini: «Per quanto mi riguarda, devo garantire il diritto allo studio, sul quale in una legge di bilancio che abbiamo fatto in 15 giorni l’anno scorso, abbiamo messo 900 milioni. E devo garantire che anche quest’anno le borse di studio siano finanziate. Sono già stata dal ministro Giorgetti a fare le mie richieste».