Manca una voce nel dibattito sulla riforma della giustizia. È quella dei tanti cittadini incappati in errori, ritardi e lentezze del sistema giudiziario. Se ne fa da due anni portavoce Mario Caizzone, presidente dell’Aivm, l’associazione nazionale con sede a Milano che assiste gratuitamente le vittime di malagiustizia, e che porta nell’anima i segni della vicenda che in 22 anni gli ha stroncato una brillante carriera di commercialista internazionale. Caizzone, siciliano migrato a Milano negli anni 80, con tenacia da rugbista è riuscito a ottenere la riabilitazione rinunciando alla prescrizione e ora dedica buona parte del suo tempo ad aiutare chi ha subito analoga sorte. E chiede un confronto con la politica.
Cosa pensa l’Aivm della riforma?Allo stato ritengo non sia di aiuto alle vittime di malagiustizia perché il tema non viene affrontato ed è difficile riuscire ad affrontarlo. Ricordo che un anno fa abbiamo mandato un questionario ai parlamentari chiedendo loro a chi si doveva rivolgere un cittadino in questa situazione. I più, ironicamente, ci hanno risposto che ci si doveva rivolgere al Padreterno. Noi puntiamo a una riforma sostanziale.
Quindi cosa proponete?Riteniamo ci si possa occupare di un aspetto in particolare: il gratuito patrocinio, per il quale abbiamo già una proposta di modifica, elaborata anche sulla base della nostra esperienza in quest’ambito. Molte delle persone che si sono rivolte a noi sono passate da questo istituto. Altro problema che chiediamo di esaminare è la separazione delle carriere tra organi giudicanti e inquirenti. Non si tratta di una necessità non legata a questioni politiche. I risultati di un sistema nel quale «tutti fanno tutto» sono purtroppo sotto gli occhi di tutti: errori giudiziari, negligenze, incompetenza. Il percorso formativo di un organo giudicante per noi deve essere diverso rispetto a quello di un organo inquirente in ragione delle differenti funzioni che sono chiamati a svolgere. Una riflessione andrebbe fatta di trasferimenti periodici per magistrati e forze dell’ordine, onde evitare il rischio di legami personali il cui sviluppo è inevitabilmente connesso al permanere per lunghi periodi nelle stesse realtà, magari piccole. Di recente ci ha contattato una donna disperata. Il suo avvocato, pagato fior di quattrini, dopo averla seguita con scarso successo, dato che ha perso una causa con il comune in tutti e tre i gradi di giudizio, si è sentita dire dal legale che lui non poteva più assisterla perché era diventato patrocinatore dello stesso comune, la controparte. Capita spesso.
Ma il giudice che sbaglia deve pagare?Credo che la soluzione migliore sia toccare non la busta paga, ma la carriera dei magistrati che commettono errori clamorosi. Che ad esempio potrebbero cambiare sezione o venire trasferiti o subire un blocco negli avanzamenti. Gli errori, in base alla mia esperienza personale e ai 1500 casi esaminati dall’Aivm, spesso sono dovuti a superficialità e disinteresse.
Le lentezze giudiziarie nelle cause civili costerebbero un punto percentuale di Pil al Belpaese. E i costi umani rilevati dal vostro osservatorio?Altissimi. Ho visto troppi imprenditori fallire per i ritardi delle sentenze civili. Quando una sentenza tributaria accoglie il ricorso di prima istanza, arriva il pignoramento del terzo con l’accertamento esattoriale. E quando la notizia arriva in banca, c’è la revoca dei fidi. Questa è la ragione di diversi suicidi. Molti casi sono dovuti a mancati pagamenti di contributi a esattorie e a ritardi nei pagamenti degli enti pubblici. Spesso le vittime non sanno a chi rivolgersi, ribadisco l’invito ai centri di ascolto a mettersi in contatto con noi per censirli e orientarli per far loro capire che la vita non finisce con l’azienda.
Cosa occorre per prevenire?Tempi veloci, al massimo due anni per una sentenza. A me ce ne sono voluti 22 per la riabilitazione. Il risarcimento arriva molto dopo che uno ha avuto ragione del torto e spesso il cittadino non ha più i quattrini per pagarsi l’avvocato che lo chiede.