Antonio Airò (1936-2023)
Sono stati celebrati oggi nel duomo di Voghera, la sua città, i funerali di Antonio Airò, per vari anni inviato di Avvenire, testata che aveva lasciato al pensionamento. Airò aveva 87 anni; lo piangono la moglie Eleonora, le figlie Barbara, Simona ed Ilaria e vari nipoti.
Con la sua scomparsa il giornalismo cattolico italiano perde una figura che con la testimonianza professionale ha segnato la seconda metà del XX secolo, da quando – giovanissimo fresco reduce di studi classici – era entrato all'Italia, il quotidiano della curia milanese che dopo la fusione con il bolognese l'Avvenire d'Italia aveva originato nel 1968 la nostra testata, alla quale ha voluto approdare negli anni Novanta dopo una lunga militanza al Il Giorno.
Si dice spesso che tre categorie di persone non vanno mai in pensione, i preti, i medici e i giornalisti. Traduzione: chi nasce giornalista lo sarà per tutta la vita. Così è stato per Antonio Airò, che libero dagli impegni nei grandi quotidiani si è dedicato anima corpo, fin quasi all'ultimo, alla sua creatura prediletta, quel Giornale di Voghera che giusto lo scorso anno ha superato il traguardo del secolo e che lui dirigeva ininterrottamente dal luglio 1967, 56 anni da record nel mondo dell'informazione italiana.
Giornalismo e politica sono state le sue passioni gemelle, due vocazioni alle quale ha risposto con fedeltà anche a costo di notevoli sacrifici personali. L'attenzione verso la società, il sociale, il bene comune unitamente alla consapevolezza che chi vuole una corretta amministrazione della cosa pubblica non può chiamarsi fuori ma deve impegnarsi in prima persona, lo hanno portato ad essere consigliere comunale, assessore e poi sindaco di Voghera in quella stagione del centro-sinistra del post '68 che vedeva grandi trasformazioni nella sonnolenta compagine locale.
Sindaco libero, capace di disallinearsi rispetto a certe direttive calate dai vertici della Dc, il suo partito. Pagò con la non ricandidatura alle comunali del 1970. La città non ha dimenticato quanto ha operato per far uscire Voghera da un provincialismo esasperante: al funerale era presente la vicesindaca Simona Virgilio, mentre il gonfalone del comune campeggiava a fianco dell'altare.
La vocazione per la politica andava a braccetto con quella per la cultura (volle negli anni Sessanta un circolo che si chiamava Dimensioni nuove, che davvero lasciò il segno nel panorama di grigiore di quella stagione), mentre l'impegno a favore degli ultimi era il sale della sua esistenza.
Aveva imparato ad essere credente libero e cristiano adulto formandosi da ragazzo all'oratorio dei Barnabiti, incredibile fucina di personalità attive nel mondo cattolico. Lavorando all'Italia, dove curava i rapporti con la curia milanese, aveva avuto occasione di contatti diretti con l'allora arcivescovo Montini. Anni dopo, trovandosi a Castelgandolfo, Paolo VI lo volle al suo fianco al balcone del palazzo pontificio durante una pubblica udienza. Una foto conservata religiosamente in famiglia ne fa fede.
In Avvenire Antonio Airò è stato prezioso inviato per la politica ai tempi di Lino Rizzi, già suo direttore al Giorno, e di Dino Boffo. Se toccava a me seguire un evento dei partiti o del governo non c'era inviato di altre testate – a volte qualche ministro -- che mi chiedesse: “Dov'è Airò?”. Spesso a cena, dopo una intensa giornata di lavoro, capitava che si sparlasse più o meno malignamente di un collega assente. Di Airò assente non ho mai sentito dire meno che bene, meno che rispettosamente. Non capita di frequente, nella nostra categoria.