È una briciola di tufo ideologico nella plurimillenaria vita di Napoli la “pagina storica” scritta ieri dal governo cittadino, che ha ufficialmente sancito la costituzione del Registro per le unioni civili presso l’anagrafe comunale.A magnificare la decisione, passata ieri in Consiglio comunale praticamente senza opposizione, è il sindaco di Napoli Luigi de Magistris: «Stiamo scrivendo una pagina storica» ha appunto affermato. L’atto deliberativo, approvato il 24 novembre scorso, prevede la nascita del registro e il riconoscimento di "diritti civili" fino a quando persiste la situazione di convivenza, senza distinzione di sesso.L’approvazione della deliberazione in Consiglio comunale ha visto alcuni distinguo da parte delle forze politiche di opposizione e la richiesta chiara di non confondere i valori della famiglia con le coppie di fatto. A questo proposito è stata presentata una mozione dai consiglieri del Pdl, bocciata. Un «brutto segnale di assenza di dialogo», ha spiegato uno di loro, Marco Nonno: «Si tratta di un’operazione di facciata perché non avrà effetti sulla anagrafe cittadina e che comunque rappresenta un attacco all’istituto della famiglia, costituzionalmente tutelato». L’Udc ha scelto invece una linea di disimpegno, astenendosi perfino sulla mozione “pro famiglia” pidiellina. Astenuta anche Fli: «Ci sono diritti negati che creano disparità nella nostra società – ha dichiarato il capogruppo al Comune Andrea Santoro – e un registro comunale non può da solo rimuovere queste disparità: istituirlo senza opportuni approfondimenti rischia di generare solo confusione».Il registro «avrà effetti concreti e non è solo un atto politico», ha rivendicato de Magistris. «Mettiamo in evidenza dei “diritti” dormienti e basti pensare che il sindaco di Milano ne ha chiesto una copia», ha poi concluso. Una “storia” però tutta in minuscolo davvero, che dimostra ancora una volta le incertezze e la confusione in cui si dibattono sindaco, giunta e consiglieri partenopei divisi tra ideologia e pragmatismo, tra modernismi pseudofilosofici e problemi reali. Ma mentre i primi trovano semplicistiche e veloci corrispondenze in una immaginifica quotidianità, i secondi interessano e coinvolgono molto di più i napoletani, alle prese con una crisi economica feroce, e che vorrebbero dalle istituzioni il riconoscimento di ben altri diritti civili e sociali: una città con servizi efficienti ad esempio, o politiche per il lavoro o interventi per le fasce deboli, a cominciare dai bambini.Resta da verificare se su questa briciola di tufo ideologico sarà costruito un edificio di concessioni che puntino a equiparare le unioni di fatto anche tra persone dello stesso sesso alla famiglia fondata sul matrimonio (art. 29 della Costituzione). La situazione attuale del Comune di Napoli, con molti sostegni già ridimensionati o addirittura eliminati, è a tutto svantaggio delle famiglie che difficilmente potranno essere penalizzate ulteriormente. Luigi de Magistris intanto rilancia già su tutt’altro piano, precisando che la prossima mossa sarà la «cittadinanza simbolica» ai figli degli immigrati al fine di creare una «carta dei servizi» che garantisca loro l’equiparazione ai bambini napoletani, per tutti i diritti.Sulla questione unioni di fatto il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, si era già espresso nello scorso novembre all’annuncio della volontà della giunta partenopea di istituire un registro ad hoc: «Sono un’imitazione delle famiglie originali, come le borse tarocche».