Le prove per Pierluigi Bersani non finiscono mai. Anche quella sulla candidatura alla presidenza del Lazio è diventata durissima e di valenza assoluta: il Pd rischia di spaccarsi, con l’area moderata infuriata e parte di quella cattolica pronta a fare le valigie. L’ipotesi di un sostegno alla radicale Emma Bonino manda su tutte le furie i teodem. E Paola Binetti avvisa: «Un sostegno del Pd alla candidatura Bonino sicuramente sarebbe per me una ragione forte per andare via». Spiega a 'Liberal' Binetti, che non esclude a questo punto di poter votare Polverini: «Vediamo quali saranno davvero gli altri candidati ». Ma con Bonino, si dice certa, «ci sarebbe una vera e propria emorragia: pensiamo davvero che la componente popolare potrebbe mai far accettare al proprio elettorato la candidatura di un personaggio dal profilo senza dubbio internazionale, forte, ma in antitesi con tutta una serie di valori?». Grane grosse, dunque. Non a caso aveva impiegato poco Nicola Zingaretti a portare a termine il mandato esplorativo. Con un giorno di anticipo, il presidente della provincia di Roma invia le sue conclusioni sulle possibili convergenze per una candidatura alla presidenza del Lazio direttamente al segretario Pierluigi Bersani: l’unica alternativa a Emma Bonino può essere una «novità forte» che solo il vertice del partito può indicare. Una soluzione per niente facile, per il Nazareno, dove la palla che torna alla base sembra davvero avvelenata. Nella logorante ricerca dell’obiettivo di stringere patti con Udc e Idv, il temporeggiamento del Pd ha già lasciato spazio a due decisive variabili esterne: l’autocandidatura della leader radicale, che ha sparigliato le carte e rischia di spaccare il partito, con Binetti pronta questa volta a sbattere la porta, e la decisione inequivocabile di Pier Ferdinando Casini – di fronte a una scelta tra Polverini e Bonino – di schierarsi per la candidata del Pdl. Le 'grane' regionali, dunque, continuano a terremotare il vertice democratico. Così nelle ore convulse che seguono, il pressing di Bersani si sposta da Zingaretti a Walter Veltroni, che però – nello schema bersaniano – dovrebbe ottenere il contemporaneo gradimento da Di Pietro e di Casini. Una soluzione non alle viste. In questo quadro, l’idillio mai iniziato con Casini appare sempre più lontano, mentre emerge il tentativo di sanare la spaccatura fatta emergere dallo sprint di Bonino. Le altre ipotesi che passano sulla scrivania di Bersani durano lo spazio di pochi minuti. Molti, tra i moderati, vorrebbero che fosse Enrico Letta a entrare nella partita. Ma il vicesegretario non sembra affatto disponibile. La sfida è difficile e Zingaretti lo ha verificato in pochissimo tempo, specie dopo aver ascoltato il leader dell’Udc. «Se i candidati sono Bonino e Polverini – aveva spiegato in mattinata l’ex presidente della Camera – noi siamo con la Polverini». Così l’esploratore pd si era messo al telefono con Casini, per capire quali altri margini di intesa potessero esistere. «Purtroppo, in base a quanto ho potuto appurare in questo momento, ancora non esistono le condizioni per una candidatura che coinvolga tutte le forze di una coalizione così larga». Perciò, chiude, serve «una iniziativa politica». Quella che sembra mancare ai democratici che il 27 marzo puntano a resistere all’avanzata annunciata del centrodestra – ma , dopo la vicenda Marrazzo – nutrono scarsa convinzione di poter riconquistare il Lazio. I malumori fatti emergere dal caso Bonino sono, poi, forti. Alla iniziale insoddisfazione di Enzo Carra, è seguito un tentativo di rilancio di Pierluigi Castagnetti, pronto a mettere in campo anche Silvia Costa. Motivo: la leader radicale non «è competitiva con la Polverini, non è laziale ed è molto connotata dal punto di vista ideologico». Non a caso, a favore dell’esponente pannelliana si sono spesi fin dall’inizio i laicisti del Pd Ignazio Marino e Paola Concia.