domenica 15 maggio 2011
Vistoso calo delle preferenze personali del premier. Gelo con il Carroccio, ma poi minimizza: male anche loro, escludo contraccolpi. Bossi ai suoi: questa alleanza non riesce più a vincere, ora più decisione sulle riforme. Exploit del Movimento Cinque Stelle di Grillo Soddisfatti Di Pietro e il Partito democratico. Bersani: «Il vento del Nord contro il governo». Pochi consensi per il Nuovo polo, che però ai ballottaggi potrebbe essere l’ago della bilancia. Ma i finiani si dividono Ronchi e Urso per il centrodestra. Bocchino: possono andarsene.
- Quagliariello (Pdl): «Radicalizzare lo scontro non ci conviene»
- Enrico Letta: «Ora subito elezioni»
- Rutelli: «Tra due estremismi il nostro spazio aumenta»
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Una parola sussurrata, quasi sfuggita: Caporetto. È il primo pomeriggio. Silvio Berlusconi guarda i dati e, nelle conversazioni più private, non nasconde la sconfitta. Quella di Letizia Moratti e la sua personale. I numeri a quell’ora sembrano terribili. A cominciare dalle sue preferenze. Per cento minuti si arriva a ragionare sull’ipotesi di una vittoria di Pisapia al primo turno. «Nessuno mi ha aiutato, mi sento tradito», commenta un po’ amaro e un po’ gelido. Ce l’ha con tutti il premier: con Bossi e la Lega che «troppe volte nelle ultime settimane hanno dato l’impressione di non credere a Milano», con la Moratti che «non è riuscita a far emergere quanto di buono aveva fatto per la nostra città», con chi nel partito, nella coalizione, nella squadra di governo ha «remato contro». Sono ore di tensione. Berlusconi non ci sta: «Come al solito ci ho dovuto mettere la faccia io, io e soltanto io... Non posso essere sempre solo contro tutti». Lo sfogo si allarga e a tratti investe direttamente la performance personale: nella sua città va ad incassare poco più di 25mila voti (queste le proiezioni in piena notte), la metà di quelli presi cinque anni fa.Berlusconi guarda i numeri ed è incredulo. «Ho mobilitato i miei, ma inevitabilmente ho mobilitato anche i loro». Una pausa "leggera" precede la spiegazione. «Chiamando a raccolta chi condivide la mia battaglia contro pm e sinistra, ha dato ampie motivazioni anche a chi vive di antiberlusconismo». Un’altra pausa precede poi l’analisi più lucida: «È la vittoria delle estreme. Ma non posso pensare a un’Italia con il volto di Pisapia e De Magistris». Nel Pdl non si respira aria buona. I colonnelli si sfidano e si preparano a un duro regolamento dei conti. E poi c’è la Lega. Berlusconi capisce che Bossi è di umore nero. Qualcuno lo avverte: potrebbe presentare l’avviso di sfratto. «La Lega? Non ci sarà nessuno strappo. Noi andiamo male, ma anche loro non vanno bene. Ora è il momento di fare quadrato, di guardare ai ballottaggi e al completamento della legislatura. Bossi capirà anche questa volta». È complicato il tentativo di tenere la rotta altre due settimane, di andare oltre le divisioni per l’obiettivo supremo di riconquistare Milano, la città-simbolo di queste amministrative. Ma ci si vuole provare e la strategia che si delinea è una nuova "caccia" ai moderati: chi non vuole gli «estremisti al potere» dovrà capire e mobilitarsi. «Se lo merita Milano e se lo merita l’Italia che non può restare a guardare». Nella notte si moltiplicano le accuse contro la Moratti. Il sindaco finisce sul banco degli imputati, ma Berlusconi preferisce dividere le colpe e imporre la nuova strategia. Gli errori fatti nella radicalizzazione dello sconto ormai sono chiari a tutti. Più di uno nel Pdl li ammette nei "faccia a faccia" più privati, ma in pubblico occorre minimizzare. E cercare di allargare lo sguardo: non c’è solo Milano. «L’impegno per Napoli ha dato i primi risultati, lì tra due settimane si vince». E poi – va avanti il Cavaliere –  il Pd ha i suoi guai con Grillo che vola, con l’ala dura dell’Idv e della sinistra radicale che si prepara a battere i pugni sul tavolo... Ma l’analisi più dura del premier è verso il Nuovo Polo. Anzi verso Fli. «È il terzo partito del Terzo polo, e Fini ormai non c’è più...». Sembra quasi l’unica consolazione di giornata che volge al termine. E che si anima con le ultimissime considerazioni: «Il ballottaggio va considerato una partita a sé, un secondo tempo in cui entrano in ballo altre logiche e nuove dinamiche. Siamo sotto 2 a 1, ma la partita finirà 3 a 2. Non per loro, per noi». Una frase sussurrata quasi per darsi una nuova carica, ma chi conosce il premier giura che anche lui ha perso le speranze.
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