«Se esiste una cosa che si chiama Europa, lo capiremo nelle prossime ore». Alfredo Mantovano, su richiesta formale e pubblica del premier, ritira le dimissioni e riprende da dov’era rimasto, da quel permesso di soggiorno temporaneo, ora diventato legge, che aveva lanciato mentre risuonavano ancora slogan sbrigativi sulla destinazione finale degli immigrati, prima che l’enormità della tragedia suggerisse linguaggi più consoni. Si è rimesso subito al lavoro di buona lena: parla appena dopo aver presieduto l’unità di crisi costituita al Viminale. Soddisfatti, nel Pdl, quelli che si erano di più battuti per fare rientare il caso (da Alemanno a Quagliariello), ma spende parole importanti anche il presidente del Senato Reato Schifani: «Lieto ritorno, lo conosco da tempo e lo stimo».
Dalla Francia, però, non arriva un bel segnale.La circolare del ministro ai prefetti subordinando l’accoglienza al possesso di mezzi di sussistenza dice una cosa persino ovvia. Ma per tre mesi i Paesi della Ue non possono opporsi al transito nel loro territorio degli immigrati.
È sicuro che andrà così?Sono fiducioso. Poi, è vero, laddove verrà fuori che non ci sono parenti o legami sul suolo francese, o in altro Stato, sarà giusto respingerli.
Nel paese di origine?No, è corretto restituirli al paese di provenienza, dunque all’Italia. Ma l’accertamento, è qui il punto, va fatto sul territorio di destinazione, non si può nel frattempo, rifiutare di accoglierli.
Passerà questa linea?Ne sono convinto, e le sedi in cui definire un’intesa operativa saranno il vertice fra i ministri dell’Interno di Italia e Francia, domani - oggi,
ndr - a Milano, e poi, lunedì, il Consiglio G.A.I. (Giustizia. Affari Interni) a livello di ministri della Ue.
C’era chi minimizzava sulle sue dimissioni, per il caso Manduria.Quel campo, con i 1.500 immigrati saliti poi a 4mila, era la spia di uno sbilanciamento intollerabile, non una mera rivendicazione territoriale.
Ci sono anche evasi, come aveva paventato, fra i profughi tunisini?Continuo a temerlo. E anche a questo dovrà servire la cooperazione con la Tunisia.
Nel frattempo c’è stata l’immane tragedia.E questo deve interrogare anche i Paesi della Coalizione Onu. Le bombe non bastano: serve anche una più concreta azione di solidarietà.