mercoledì 14 novembre 2018
La pagina Facebook che da 4 anni risponde alle domande dei genitori di bambini disabili sull'inclusione, diventa ora una guida pubblicata da Erickson
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Un bimbo è su sedia a rotelle: avrà più o meno possibilità di essere accettato da una scuola comunale dell’infanzia? Altro caso: uno
studente soffre di disturbi specifici dell’apprendimento, e deve usare sempre il dizionario: può la madre ottenere che tutta la classe faccia lo stesso, per evitare che il figlio si senta discriminato? E ancora: lo studio della lingua straniera è obbligatorio anche in caso di disabilità? Sono tre degli oltre 200 interrogativi cui dà riscontro “Inclusione scolastica: domande e risposte” (Flavio Fogarolo e Giancarlo Onger, pp. 322, € 17,50), il libro presentato a Roma dal Centro studi Erickson di Trento.

Un’opera che segna un primato (mai era stato compendiato in un solo testo il ginepraio di norme scolastiche che regolano la disabilità), ma che ancor prima nasce quasi per caso da un’intuizione diventata virale. È il 2014, quando un esperto di didattica inclusiva per anni referente disabilità presso l’Ufficio scolastico territoriale di Vicenza (Fogarolo) apre con un insegnante di sostegno
specializzato (Onger) un nuovo gruppo Facebook: lo chiamano “Normativa inclusione”, e vogliono diventi un canale immediato a supporto dei genitori di alunni e studenti con disabilità. Per farla breve: in quattro anni, la pagina catalizza oltre 20mila contatti e diverse migliaia di domande. Fogarolo e Onger rispondono a ognuna, indicando la specifica norma che ha ispirato il riscontro.

Il gruppo, che esiste tuttora, come spiegano gli autori nel testo è “moderato rigorosamente” e le domande vengono pubblicate “solo quando è pronta la nostra risposta”. Una cosa scientifica, insomma (“Diciamo che ci interessa di più offrire un servizio utile che essere democratici”, chiosano i loro inventori).

Fatto sta che l’interesse per quest’esperienza cresce di giorno in giorno, fino al momento in cui tutto lo scibile del settore sembra finalmente esplorato. Da qui l’idea: trasfonderlo in un libro, perché chiunque possa consultarlo in modo più rapido e organico. Ma senza trasformarlo in un trattato: al contrario, lasciando quell’originaria struttura a “domanda&risposta” che aveva costituito la carta vincente del progetto.

Ed ecco il volumetto, che già dall’epigrafe iniziale “Agli insegnanti capaci di vedere il futuro, ai genitori che non si arrendono mai” indica i suoi destinatari. A introdurlo è un ex ispettore scolastico, Raffaele Iosa, che dopo aver ricordato come “l’affastellarsi di continue leggi, circolari, decreti che spiegano, decidono, profilano comportamenti a volte in modo confuso e caotico è un fenomeno tipicamente italiano”, anticipa la “prima grande lezione del libro: non basterà mai una legge, per quanto precisa fino ai particolari minuti, per far bene l’inclusione se in essa non vi sarà una visione razionalista ed ermeneutica come quella che ci insegna Kant: “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale nel mio cuore”.

Ed è proprio questa la prospettiva da cui si stagliano le quattro sezioni dell’opera (inclusione e diritti garantiti, organizzare l’inclusione, inclusione strutturale e bisogni educativi speciali, personalizzare la valutazione”), un excursus che spazia dai problemi
comportamentali ai piani didattici personalizzati, dalle valutazioni agli strumenti punitivi, dalle gite alle aule di sostegno. E che senza rinunciare al rigore a volte un po’ burocratese tipico (anche) del linguaggio scolastico, non manca di chiarire ai profani il significato di astrusi acronimi quali DSA, PDP, BES e tante altri ancora.

Un libro dunque che dal basso nasce per poi ritornarvici, dopo aver “sminuzzato” anche i bocconi più duri ed ostici. Una lettura mirata e concreta, quasi un prontuario che veste di parole semplici rigorose certezze. E giustappunto: la legge 104 del 1992 e la 67 del 2006 – con le precisazioni indicate nel libro - obbligano la scuola dell’infanzia ad accettare un bimbo in carrozzina; non esiste invece una norma che regoli l’uso del dizionario, per cui soccorre l’esperienza – e il buon senso – dell’insegnante; infine, uno studente disabile può essere dispensato dall’apprendimento della lingua straniera, ma la decisione è rimessa al Consiglio di
classe.



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