"Pur consapevoli di essere vittime di
una ingiustizia, non hanno mai mollato. E per mille giorni hanno
stretto i denti, in attesa della riconquista della libertà. Come
fanno i veri italiani". Termina così la lunga lettera di Paola
Moschetti, la compagna del marò Massimiliano Latorre, pubblicata
oggi in prima pagina dal
Corriere del Mezzogiorno con il titolo
'Marò, mille giorni senza libertà'.
Dopo aver ricordato che dal febbraio 2012 la vicenda di
Massimiliano e del commilitone Salvatore Girone "ha segnato il
vissuto dei due integerrimi fucilieri della Marina militare
italiana e soprattutto delle rispettive famiglie", la donna
rimarca il fatto che "in queste interminabili giornate di
lontananza" sono "stati privati della gioia di godere dei propri
affetti e di momenti preziosi di intimità familiare, perdendo i
passaggi più belli e carichi di soddisfazione quando si hanno i
figli che crescono". "Sollievo costante e solidarietà preziosa -
prosegue Paola Moschetti - sono giunti dal popolo tricolore
schierato in prima linea nella campagna per la libertà". "Sono
italiani di tutte le latitudini e di tutti gli orientamenti
culturali e politici - insiste - ci sono ovviamente tanti
pugliesi e meridionali, uniti nel darci coraggio di fronte ad
una vicenda che al momento non ha ancora trovato soluzione".
"Oltre alle ferite negli animi - continua la lettera -
Massimiliano ha riportato un grave ictus a Nuova Delhi che sta
curando nei mesi di permesso qui in Italia. Una ripresa lenta e
difficoltosa resa ancora più penosa dalla consapevolezza di non
poter più tornare ad essere quello di un tempo ma ancor di più
dal pensiero di Salvatore ancora a Nuova Delhi. A legare i due
fucilieri, oltre che il senso di appartenenza allo stesso Corpo,
c'è un intenso legame la cui peculiarità si può ricercare nella
condivisione di momenti drammatici quali la detenzione durata
oltre 100 giorni in un impervio carcere indiano tra mille
difficoltà ed incertezze e le altrettanto drammatiche
vicissitudini che hanno caratterizzato questi anni".
"Accogliamo fiduciosi - prosegue la donna - le parole del
neoministro degli Esteri Paolo Gentiloni e consapevoli
dell'impegno costante della ministra Pinotti e di quanti
lavorano alla risoluzione di questa triste vicenda affinché
venga chiuso positivamente questo capitolo interminabile".
"Il contegno dei due leoni del San Marco - conclude - in una
storia dai risvolti così complessi è divenuto un modello di
patriottismo e stile italiano: sarebbe stato facile perdere
l'equilibrio e il controllo tra rinvii promesse e questioni
giuridiche sempre più intricate, ma Massimiliano e Salvatore
hanno tenuto fede agli impegni presi".
La moglie di Girone. "Sono passati mille giorni
dall'inizio di questa complicata vicenda e ogni giorno che passa
ha sempre un peso maggiore nelle nostre esistenze. Ogni giorno
spero che ci sia una fine e che non sia molto lontana. Vorrei
che si avverasse il mio desiderio di moglie, quello dei nostri
figli, dei genitori e dei fratelli di Salvatore condiviso da
migliaia di italiani; il desiderio di poter rivedere mio marito
tra di noi, tra le mura delle nostre case, tra le vie della
nostra amata Bari. Vorrei che presto la nostra famiglia tornasse
ad essere unita e serena. In Patria". Lo scrive la moglie di
Salvatore Girone, Vania, in un intervento sul
Tempo.