Flat tax? Senza interventi che incentivino la natalità rischia di restare nel novero delle promesse. L’associazionismo cattolico che si occupa di famiglia attende di vedere nel dettaglio i vari tasselli del puzzle fiscale che si devono incastrare per andare davvero a favore delle famiglie, senza penalizzare quelle con figli. Ma già dai primi vagiti della nuova misura, evidenzia delle perplessità. «Nel dibattito - sottolinea il presidente del Forum delle associazioni familiari Gianluigi De Palo - il rischio è quello di dimenticare che la priorità assoluta del Paese è la denatalità».
Per questo il Forum in questi giorni incontrerà i vicepremier Matteo Salvini (Lega), principale fautore della flat tax, e Luigi Di Maio (M5s), nonché il neosegretario del Pd, Luca Zingaretti, allo scopo di presentare loro una proposta sugli assegni per la natalità, basata su uno studio che elabora le politiche in tal senso condotte nei vari Paesi europei.
De Palo si domanda intanto se la misura (che, a quanto finora si sa, vuole introdurre un’aliquota unica al 15% sui redditi fino a 50mila euro annui) sarà finanziata con l’aumento dell’Iva. Nel qual caso il serpente si morde la coda. Perché a pagare i benefici in questo caso sarebbero i nuclei con spese fisse, «cioè quelli poveri e con figli a carico».
Gli stessi ai quali verranno tolte le detrazioni per la prole e le relative spese. In sostanza, nel caso di una clausola di salvaguardia, «i nuclei con figli sarebbero gli unici a non essere premiati da questa misura», avverte De Palo. Mentre, ribadisce con forza, «chi ha figli deve essere messo nelle condizioni di pagare meno tasse», sia che guadagni 20mila, sia che guadagni 70mila euro all’anno. Il timore del Forum è, inoltre, che nell’applicazione concreta possano essere favoriti i single o incentivate le separazioni fittizie. In attesa di illustrare ai leader politici le nuove proposte sulla natalità che modulano il Fattore Famiglia, da sempre cavallo di battaglia del Forum, De Palo rilancia questo strumento: «Perché non si utilizza il meccanismo del Fattore Famiglia già messo a punto e proposto da tempo?».
Domanda che rilanciano le Associazioni cristiane lavoratori (Acli), una delle sigle del Forum e tra quelle in prima linea sul Rei (il reddito di inclusione per combattere la povertà). Il Fattore Famiglia «lo sosteniamo da anni», ricorda il presidente Roberto Rossini. Se si vuole «davvero dare una mano alla famiglia», è la proposta, si può ricorrere a questo strumento il cui costo è stimato tra i 10 e i 12 miliardi. Tale sistema - basato su una no tax area e su calcoli che tengono conto dei carichi familiari, senza toccare le aliquote progressive - «garantirebbe davvero una maggiore equità».
Anche un altro movimento aderente al Forum e che si occupa del mondo del lavoro, il Movimento cristiano lavoratori, si pronuncia senza indugi per il Fattore Famiglia. E sulla flat tax il presidente Carlo Costalli spiega che «può andare bene per i lavoratori dipendenti e in alcuni settori dove la tassazione effettivamente è alta». Ma «attenzione a non fare provvedimenti a debito», sottolinea, adducendo alcuni esempi. Tra cui alcune misure recenti. «Se dico che si andrà in pensione a 60 anni, a parte docenti universitari e primari ospedalieri, tutti sono contenti. Ma tra i giovani del mio movimento, che sono molti, sento mugugni». Insomma, avverte Costalli, attenzione alle coperture e «ai provvedimenti fatti in campagna elettorale».
Aspetta di vedere le carte anche la Conferenza episcopale italiana. Il vescovo Pietro Maria Fragnelli, presidente della Commissione episcopale per la famiglia, i giovani e la vita, dice che «in attesa che si pronunci il Consiglio permanente» su «un tema ancora così fluttuante», una cosa «è sicura». E cioè che la famiglia, rimarca il presule, «sta a cuore alla Chiesa e deve essere al centro dell’attenzione non solo delle istituzioni, ma di ogni persona che sia seriamente preoccupata del futuro del nostro Paese e della qualità della nostra convivenza civile».