È triste constatare che qualcuno oggi consideri un atto di pietà affrettare la morte di una persona. Va invece affermato e difeso il valore infinito di ogni vita, e sottolineate le diverse esperienze che questo valore da più parti hanno difeso e continuano a difendere. Nel dibattito sull’ipotesi del trasferimento di Eluana Englaro a Rimini o in altre strutture nelle quali alla 38enne lecchese sarebbe interrotta l’alimentazione, è intervenuto anche il vescovo di Rimini con un lungo, accorato documento il cui titolo non lascia dubbi: «Rimini per la vita, non per la morte». «Al momento non si sa che fondamento abbia la notizia di un trasferimento di Eluana in una struttura sanitaria di Rimini. - avverte monsignor Francesco Lambiasi - Sul valore sacro e intangibile della vita umana, dono di Dio, la Chiesa ha più volte fatto sentire con chiarezza e forza la sua voce», dal Papa al cardinale di Bologna, Carlo Caffarra, intervenuto di recente sul tema e al quale va la solidarietà del vescovo di Rimini. Il quale sottolinea come nella sua diocesi il valore e la dignità di ogni vita, «anche di quelle segnate dalla più grande fragilità e sofferenza, non sono affermate solo a livello di principi, ma testimoniate dall’impegno concreto e quotidiano di tante famiglie, associazioni e singole persone». Le esperienze 'per la vita' sono diffuse. A Rimini da anni opera la Comunità di Montetauro, uomini e donne consacrati che uniscono alla preghiera la condivisione con fratelli colpiti da gravi handicap: «Fra essi - fa notare Lambiasi - anche un sacerdote, don Mauro Evangelisti, affetto da Sla, che continua il suo apostolato con la testimonianza di serenità e di grande fede ». E prima ancora Mario Concetti, per 18 anni in lotta con la stessa ma-lattia eppure abbracciato alla vita. E come non ricordare don Oreste Benzi di cui è stato ricordato il primo anniversario della morte? «Il fondatore dell’Associazione papa Giovanni XXIII ha impegnato tutta la sua esistenza a richiamare e difendere il valore di ogni vita, da quella appena concepita fino alla sua naturale conclusione». Tra le esperienze significative il vescovo di Rimini cita anche il babbo e la mamma di Davide, 38 anni, da otto stagioni nelle condizioni di Eluana: «L’abbozzo di un sorriso o uno sguardo, anche se nel vuoto di Davide siano per loro motivo di serenità e forza per vivere». «È davvero sorprendente e motivo di infinita amarezza - prosegue Lambiasi - che, mentre ci sono persone disposte a curare, assistere, amare un fratello o una sorella, a considerarle sempre e in qualunque situazione si trovino un valore e una dignità intangibile e sacra, altri considerino un atto di pietà affrettare la loro morte ». L’invito è alla preghiera «perché non venga meno in nessuno la speranza, la volontà di andare avanti, la serenità. Allora potremo dire che la vita e le sofferenze di Eluana non sono vane». Contro le prospettive di 'esecuzione forzata' che vorrebbero coinvolgere anche la città adriatica, si è alzato il grido di una quindicina di associazioni pro life riminesi. Di fronte alla richiesta di interrompere l’alimentazione. «Né a Rimini né altrove», auspicano i firmatari, da Scienza&Vita ai Movimenti per la Vita a Medicina e Persona. «Ipotizzare di mettere a disposizione le strutture dell’Asl per accelerare la morte di Eluana, è un disprezzo per i 13 direttori di hospices emiliano-romagnoli che hanno rifiutato di partecipare a una operazione di morte, è un disprezzo per tutti i malati accolti nell’hospice». «Motivo di infinita amarezza che ci siano persone disposte a considerare un atto di pietà affrettare la morte di un fratello»