Si aggrava il bilancio delle vittime del naufragio nel Canale di Sicilia, il più grave di sempre. Le parole dei primi superstiti aggiungono orrore all'orrore. "Eravamo in 950. C'erano anche duecento donne e 50 bambini con noi. In molti erano chiusi nella stiva". Sono andati giù, in fondo al mare, senza neanche poter provare a salvarsi, ad aggrapparsi ad un pezzo di legno, al braccio di qualcuno. Senza neanche potersi permette di sperare. Sono morti senza poter lanciare un ultimo, disperato, urlo. Rinchusi in quella enorme tomba preparata per loro dagli scafisti.
Il comandante: superstiti confermano centinaia di vittime. "Ci hanno raccontato che a bordo del barcone c'erano tra 700 e 900 persone, la maggior parte stipati nella stiva dove sono rimasti intrappolati dopo il capovolgimento del barcone". Lo ha detto il comandante della nave Gregoretti della Guardia Costiera, Gianluigi Bove, conversando con i giornalisti sulla banchina del porto de La Valletta. I sopravvissuti, tutti maschi, sarebbero complessivamente in buone condizioni di salute, anche se appaiono visibilmente provati da quanto accaduto. Sono in gran parte provenienti da paesi dell'Africa sahariana - eritrei, somali, sudanesi - ma anche dal Bangladesh. "Chi ha organizzato quel viaggio della morte ha intascato tra tra 1 e 5 milioni di euro. Un racket criminale internazionale dalle proporzioni mai viste", ha detto il primo ministro maltese Joseph Muscat.
Intanto l'Oim, l'organizzazione internazionale per le migrazioni, lancia un nuovo allarme: ci sono tre richieste di aiuto da altrettante barche al largo della Libia tra le quali un gommone con 100-150 persone a bordo e una barca più grande con 300 persone.Sabato, l'organizzazione che gestisce la tratta ha dato il via libera alla partenza verso l'Italia con un copione anche questo già conosciuto. Il barcone partito dall'Egitto ha caricato i migranti da un porto della Libia, vicino alla città di Zuara. Era quasi sera quando al Centro Nazionale Soccorso della Guardia Costiera è arrivata una telefonata da un satellitare Thuraya. "Siamo in navigazione, aiutateci", ha detto un uomo - forse complice degli scafisti - con tono di voce neanche concitato. Una telefonata simile a tante arrivate nelle ultime due settimana da barconi e gommoni carichi di migranti. Quasi un invito affinché le navi italiane raggiungessero il barcone per consentire ai "passeggeri" - così tanti da riempire ogni spazio del barcone - di completare la traversata verso le coste italiane. Il dispositivo di soccorso si è subito messo in moto: grazie al sistema satellitare di chiamata, la Guardia Costiera ha potuto rapidamente individuare le coordinate del punto dal quale era partita la telefonata e ha organizzato i soccorsi. Il barcone era a circa 70 miglia a nord delle coste libiche (110 miglia a sud di Lampedusa) quando è stato raggiunto dal King Jacob, un portacontainer di 147 metri di lunghezza, con bandiera del Portogallo, che aveva già compiuto negli ultimi giorni quattro soccorsi di naufraghi e che è stato dirottato, insieme a un altro mercantile, verso i migranti. Secondo quanto ha raccontato il comandante del mercantile i migranti, visto il portacontainer, si sono spostati in massa su una stessa fiancata, quella del lato del mercantile. È stata l'ultima beffa: il naufragio in presenza della nave. Subito dopo il naufragio è stata messa in campo un'imponente operazione di soccorso, che ha coinvolto anche navi dell'operazione Triton, dell'agenzia Frontex: unità navali della Guardia Costiera, della Marina Militare italiana e maltese, mercantili e pescherecci di Mazara del Vallo (Trapani) - 18 mezzi in tutto, coordinati da nave Gregoretti, della Guardia Costiera, che ha assunto il comando dell'intervento.