«Quella della Commissione è una critica molto forte ma è anche un’apertura di credito verso l’Italia: la legge anticorruzione, pur non sufficiente, le iniziative di prevenzione, ma soprattutto il fermento di un movimento dal basso con strumenti approntati senza attendere una classe politica connivente o autoindulgente». È il commento di Alberto Vannucci, professore di Scienza politica all’Università di Pisa e tra i consulenti del Rapporto Ue. «Se usiamo come strumento di contrasto soltanto la repressione, che ci deve essere perché la corruzione è un crimine – avverte –, non avremo risultati duraturi perché si interviene troppo tardi, quando i reati sono già stati commessi e i costi della corruzione spalmati sulla collettività». Così Vannucci, autore del primo 'Atlante della corruzione', cita Papa Francesco. «Ha colto il nesso drammatico tra un fallimento che è al tempo stesso morale e economico e il radicamento della corruzione. La sua è una denuncia purissima che va al cuore del problema che non è un questione solo di leggi ma di morale, di inquinamento dell’anima, di perdita di dignità».
Ma il fenomeno sociale della corruzione è percepito dagli italiani come un male? C’è un atteggiamento schizofrenico: da un lato la spinta a convivere con la corruzione perché ritenuta la via più conveniente, quasi naturale. Non la si percepisce quasi più come reato. Poi quando emerge lo scandalo c’è una reazione forte, ma passate le fiammate di indignazione scatta il riassorbimento. Dal Rapporto emerge che solo il 2% dei cittadini e il 5% delle imprese ha avuto esperienza diretta di tangenti, in linea con la media Ue. Quindi l’eccezionalità italiana non c’è... La corruzione è talmente presente da risultare per certi versi inavvertita e la tangente non la riconosciamo più perché diventa tante altre cose: mancia, regalino, favore. Ma poi ne percepiamo gli effetti che si traducono nel degrado di ogni servizio, dalla sanità all’assistenza, dai tempi interminabili ai costi esponenziali delle opere pubbliche. E questa sì è un’anomalia rispetto al resto d’Europa.
Non si vede la corruzione ma gli effetti. Devastanti sulla vita quotidiana. È diventata parte della nostra normalità, ci sfugge le rilevazione empirica ma ne percepiamo i costi intollerabili che degradano la nostra vita civile e i servizi pubblici.
Due e tre cose da fare, le più urgenti? Riformare prescrizione, conflitto di interessi, concentrazione dei media, autoricicilaggio, scambio elettorale politico-mafioso, tutela di chi testimonia l’altrui corruzione. Ma non solo armi penali... Lo sottolinea anche la Commissione, ricordando tutta una serie di buone pratiche che nascono dal basso, dalle esperienze di Avviso pubblico a quelle di Libera, la campagna 'Riparte il futuro', società civile e tanti amministratori di buona volontà.