giovedì 30 gennaio 2025
Un caso emblematico che spiega la realtà diffusa delle code della vergogna dei giovani nati in Italia e privi di cittadinanza in fila per i rinnovi dei documenti
Coda davanti alla Questura di Milano per il rinnovo dei documenti

Coda davanti alla Questura di Milano per il rinnovo dei documenti - Fotogramma

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L’impegno civile e la sensibilità di una professoressa di un istituto superiore di periferia a Torino hanno fatto emergere un caso emblematico. Che spiega più di tante parole e numeri la realtà diffusa e senza voce delle code della vergogna dei giovani nati in Italia e privi di cittadinanza in fila per i rinnovi dei permessi destreggiandosi tra mille trappole burocratiche.

Una situazione causata della mancata riforma della legge del 1992 sulla cittadinanza più volte affossata dalla politica minimizzando le conseguenze. Invece Rachela Baroni, 54 anni, docente di italiano e storia all'istituto enogastronomico “Beccari”, ha capito bene quali drammi può provocare e lunedì 20 gennaio alle 5 del mattino si è messa in coda davanti all'ufficio immigrazione di corso Verona, a Torino, insieme a una sua allieva di 18 anni. La quale è nata nel capoluogo piemontese ed è di origine nigeriana e deve rinnovare il permesso di soggiorno scaduto, senza il quale non può presentare la domanda per sostenere l'esame di maturità. Se non riesce a rinnovare il documento la giovane rischia anche di non arrivare in tempo per presentare domanda di cittadinanza italiana che va chiesta tra i 18 e i 19 anni.

La studentessa è orfana di madre dall'agosto 2023 e ha chiesto aiuto alla professoressa tre mesi dopo. «Si è rivolta a me in quanto coordinatrice della classe - aggiunge Baroni, che è una scout -. Ho scoperto che non ha il medico di base né il codice fiscale e non ha potuto ritirare il diploma di licenza media e presentare la domanda di ammissione all'esame di Stato entro il 30 dicembre. E ogni volta che si presentava a fare la fila con il padre veniva rimandata indietro per qualche problema. Si sentiva precaria e impotente, non riusciva ad accedere agli uffici e quindi le ho proposto di accompagnarla racconta Rachela Baroni -. È brutto ammetterlo, le ho detto, ma forse vedendoti con una persona di pelle bianca ci faranno entrare. Quando siamo riuscite a varcare il cancello eravamo emozionate».

La giovane ha sempre studiato con ottimi risultati e impegno, parla con grande padronanza l’italiano e altre due lingue come inglese e francese. Eppure rischia di vedersi stritolare dalla macchina burocratica. «Per fare più in fretta la Questura - aggiunge la docente - le ha consigliato di chiedere il permesso per ricongiungimento familiare con la sorella maggiore che è già cittadina italiana. Solo quando avrà tutti i documenti potrà tornare per chiedere un altro appuntamento e presentare la domanda». L'appuntamento all'anagrafe è a fine febbraio, ma rischia di essere tardi. Perciò serve il rinnovo del permesso di soggiorno. «Si sono fatti vivi con lei i servizi sociali conclude Rachela Baroni - spero che riescano ad accelerare i tempi. Nella scuola dove insegno ci sono tanti ragazzi stranieri di passaporto e italiani di nascita nella stessa situazione. I miei colleghi e la dirigenza mi hanno dato tutto il loro supporto. Perché l’ho fatto? Per dare voce agli umili che non ne hanno».

Le code della vergogna sono diffuse in tante città italiane, come sottolinea Cristina Molfetta cocuratrice del Report “Il Diritto d’Asilo” 2024 della Fondazione Migrantes della Cei. «Tutti gli anni all’interno del Report sul diritto d’asilo - spiega - dedichiamo uno spazio al malfunzionamento della burocrazia. I riflettori si sono accesi su Torino e forse è un bene perché almeno lì si proverà a trovare una soluzione. Ma le code all'alba fuori dalle questure ci sono da almeno 10 anni. A tempi alterni il riflettore sullo “scandalo” si accende e si rispegne a Roma, a Milano, a Napoli, ma il problema rimane. I tempi sono lunghissimi per chi vuole presentare domanda d'asilo o rinnovare il permesso di soggiorno. Attese che costringono le persone a vivere in condizioni di fragilità e incertezza oltre ad esporle, quando devono fare la coda , alle intemperie senza un reale motivo».

A proposito di Torino, alcune proposte per ridurre le file le ha presentate Abdullahi Ahmed, consigliere comunale di origine somala all’ultimo congresso dell’Anci . «Il 40% delle persone in coda davanti alla Questura di Torino - sostiene - abita fuori città: un unico ufficio non può gestire tutte le pratiche dei cittadini stranieri dei 312 comuni della provincia. La proposta è quindi consentire a più commissariati di gestire le pratiche. Poi anche a livello nazionale si possono costituire tavoli con i comuni con più di 30 mila abitanti disposti a far fronte in maniera innovativa e concreta alla questione del rinnovo dei permessi di soggiorno per motivi familiari all’anagrafe». Non ha più senso mandarli in coda in Questura come fossero un problema di ordine pubblico togliendo per giunta dalla strada molti agenti di polizia.

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