martedì 21 marzo 2023
Fino al 18 giugno a Roma al Museo delle Mura il reportage fotografico di Enrico Graziani sulla muraglia protettiva costruita nel Giappone nord-orientale e il suo pesante impatto sociale e ambientale
Kesennuma (Miyagi) - 2018.  Una delle critiche più frequenti delle comunità locali è che i muri anti-tsunami impediscono la vista del mare. A Kesennuma, nei pressi del porto, si è cercato di porre rimedio in qualche modo

Kesennuma (Miyagi) - 2018. Una delle critiche più frequenti delle comunità locali è che i muri anti-tsunami impediscono la vista del mare. A Kesennuma, nei pressi del porto, si è cercato di porre rimedio in qualche modo - Enrico Graziani

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Un cataclisma naturale che ha provocato quasi 20 mila morti, raso al suolo interi centri abitati, provocato un gravissimo incidente nucleare. Dopo lo tsunami dell'11 marzo 2011 il Giappone - paese da sempre all'avanguardia nella prevenzione degli eventi sismici - ha investito cifre colossali nella costruzione di una muraglia protettiva nelle regioni nord-orientali, per scongiurare future e imprevedibili catastrofi. Gli enormi costi economici, probabilmente, non sono quelli più pesanti. Il muro di cemento - alto una decina di metri e lungo quasi 400 chilometri - salverà migliaia di vite e proteggerà abitazioni, aziende, infrastrutture, nella sventurata ipotesi di un altro disastro. Ma oggi separa intere comunità dal loro secolare e naturale sbocco al mare, distrugge spiagge, danneggia il turismo, semplicemente impedisce la vista dell'oceano.

Rikuzen Takata (Iwate) – 2019.  Il famoso 'pino del miracolo', il solo sopravvissuto tra decine di migliaia, assurto a simbolo della rinascita della città

Rikuzen Takata (Iwate) – 2019. Il famoso "pino del miracolo", il solo sopravvissuto tra decine di migliaia, assurto a simbolo della rinascita della città - Enrico Graziani

Un progetto controverso e divisivo, nel senso letterale del temine, che il reportage fotografico di Enrico Graziani ha esaminato nei suoi risvolti ambientali, paesaggistici, umani e psicologici. Un lavoro originale di documentazione e analisi - che non pretende di dare risposte - prorogata fino al 18 giugno a Roma nel suggestivo spazio del Museo delle Mura di Porta San Sebastiano. Una esposizione di 42 grandi fotografie a colori intitolata “Bōchōtei– Vite all’ombra del muro" scattate prevalentemente nelle città e nei dintorni di Kesennuma e Rikuzen Takata.

Rikuzen Takata (Iwate) - 2019.  Uno dei più poderosi muri anti-tsunami

Rikuzen Takata (Iwate) - 2019. Uno dei più poderosi muri anti-tsunami - Enrico Graziani

Enrico Graziani,fisico delle particelle di professione e fotografo per passione, per quattro anni ha frequentato ed esplorato il fenomeno bōchōtei, parola giapponese che identifica questi muri, e l’impatto architettonico e sociale prodotto dalla costruzione dell'ingombrante muraglia anti-tsunami costata decine di miliardi di dollari. L'occhio del fotografo cattura le conseguenze della costruzione di questa diga anti-maremoto e del suo pesantissimo impatto architettonico, ambientale, sociale e psicologico sulla vita quotidiana degli abitanti della regione del Tohoku, investita dallo tsunami provocato da un terremoto forza 9 in alto mare che ha scaraventato sula costa onde di oltre 10 metri.

Kesennuma (Miyagi) - 2018.  Squali allineati al suolo al mercato del pesce, motore economico della città che rifornisce un indotto che dà lavoro all’80% della popolazione. Gli squali sono particolarmente ricercati per la pinna dorsale, a scopo gastronomico, e per il collagene che se ne ricava, utilizzato nella cosmesi

Kesennuma (Miyagi) - 2018. Squali allineati al suolo al mercato del pesce, motore economico della città che rifornisce un indotto che dà lavoro all’80% della popolazione. Gli squali sono particolarmente ricercati per la pinna dorsale, a scopo gastronomico, e per il collagene che se ne ricava, utilizzato nella cosmesi - Enrico Graziani

«Bōchōtei porta etimologicamente con sé un senso di protezione dal mare - spiega Enrico Graziani - ma è proprio questa la critica principale che le popolazioni locali - pescatori, navigatori, allevatori di ostriche, consumatori di sushi - muovono al progetto: distacco dal mare, senso di reclusione, danni per il turismo, distruzione di spiagge e ambienti umidi. Scarse le voci in favore: salvataggio di vite umane, ovviamente, e poi protezione di attività commerciali, porti, infrastrutture, stabilimenti di lavorazione del pesce».

Kesennuma (Miyagi) - 2019.  Un poderoso muro anti-tsunami incombe sulla spiaggia Ooya. Prima dello tsunami questa spiaggia era rinomata per i suoi granelli di sabbia fine che la rendevano di aspetto quasi tropicale. Le comunità locali sostengono che la presenza del muro abbia danneggiato questo tipo di ambiente

Kesennuma (Miyagi) - 2019. Un poderoso muro anti-tsunami incombe sulla spiaggia Ooya. Prima dello tsunami questa spiaggia era rinomata per i suoi granelli di sabbia fine che la rendevano di aspetto quasi tropicale. Le comunità locali sostengono che la presenza del muro abbia danneggiato questo tipo di ambiente - Enrico Graziani

Attraverso le fotografie esposte in mostra, Enrico Graziani invita a riflettere sulla possibilità e/o necessità di essere consensualmente separati dal mare, per esserne protetti. Un reportage che empatizza evidentemente con la vita quotidiana di un popolo tenace, che cerca di sopravvivere alla separazione dall'oceano, capace di regalare vita e morte. Ma allo stesso tempo sceglie un distacco che lascia all'osservatore l'onere dell'opinione.

Kesennuma (Miyagi) – 2020.  Operaio al lavoro in un'industria di lavorazione delle alghe, ingrediente fondamentale di molti piatti tipici della cucina giapponese, quale per esempio il ramen

Kesennuma (Miyagi) – 2020. Operaio al lavoro in un'industria di lavorazione delle alghe, ingrediente fondamentale di molti piatti tipici della cucina giapponese, quale per esempio il ramen - Enrico Graziani

La mostra è tematicamente suddivisa in più categorie. Una parte è dedicata all’impatto architettonico dei bōchōtei, che incombono brutalmente sulle vite degli abitanti, con effetti talvolta spettacolari e persino estetici. Un’altra sezione illustra le attività lavorative della popolazione residente, con un’economia basata sulla pesca e la lavorazione del pescato. Il porto peschereccio di Kesennuma, uno dei principali del Giappone, è stato distrutto dallo tsunami e completamente ricostruito.

Iwaisaki - Kesennuma (Miyagi) – 2018.  Penisola di Iwaisaki: anche gli appassionati di surf sono costretti a convivere con la presenza di possenti muri anti-tsunami

Iwaisaki - Kesennuma (Miyagi) – 2018. Penisola di Iwaisaki: anche gli appassionati di surf sono costretti a convivere con la presenza di possenti muri anti-tsunami - Enrico Graziani

Enrico Graziani, ricercatore che ha lavorato al Cern di Ginevra e ha collaborato agli esperimenti per la scoperta del bosone di Higgs nel 2012, dal 2015 frequenta il laboratorio KEK a Tsukuba (Ibaraki) in Giappone, dove prende parte all’esperimento Belle II. Inizialmente scettico sul fascino del Sol Levante, se ne è poi lasciato coinvolgere. «Conosco tre facce del Giappone - spiega il fotografo - il che non esclude che ce ne siano altre a me al momento ignote. Il Giappone di Blade Runner, annidato nelle metropoli, Tokyo in primis. Il Giappone rurale, quello delle risaie, dei cimiteri e delle statue di Buddha e shintoiste in mezzo ai campi, che è quello, sembrerà strano, che frequento di più. E infine - spiega lo scienziato col pallino della fotografia - il Giappone marittimo, quello delle piccole città affacciate sull’oceano, dove si vive di pesca e dove tutto odora di pesce ed ostriche. Quest’ultimo è, di gran lunga, il mio preferito».

Kesennuma (Miyagi) – 2019.  Un operaio all'interno di una industria per la lavorazione del ghiaccio guarda attraverso la finestra in direzione del mare, con la visuale ostruita da un muro anti-tsunami

Kesennuma (Miyagi) – 2019. Un operaio all'interno di una industria per la lavorazione del ghiaccio guarda attraverso la finestra in direzione del mare, con la visuale ostruita da un muro anti-tsunami - Enrico Graziani

La mostra, promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con i servizi museali di Zètema Progetto Cultura, è a cura di Enrico Graziani e Zhanna Stankovych. L'ingresso è gratuito e il Museo delle Mura è aperto dal martedì alla domenica dalle ore 9 alle 14




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