Il rendering dell'intervento coi tralicci mostrato dal sindaco Matteo Lepore - Ansa
La notizia è stata annunciata mercoledì mattina dal sindaco Matteo Lepore in persona: la Garisenda, una delle due torri simbolo di Bologna, sarà messa in sicurezza grazie ai tralicci utilizzati per la Torre di Pisa. Se tutto andrà secondo i piani, entro la fine dell'anno il rischio crollo, che tiene da mesi la città con il fiato sospeso, sarà scongiurato e si potrà cominciare a lavorare al consolidamento. «Una volta installati i tralicci d'acciaio già utilizzati a Pisa - ha detto - la Garisenda uscirà dalla fase gialla e sarà messa in sicurezza, entrando nella fase verde».
I tecnici del Comune, in particolare, hanno individuato tre fasi: quella iniziale prevede il montaggio delle strutture in acciaio già utilizzate a Pisa, che verranno alzate e adattate alla realtà bolognese, e serviranno per poter operare in sicurezza alla base della Torre. Il secondo step prevede interventi sulla muratura della Garisenda, tra cui operazioni di consolidamento tradizionali, quali per esempio iniezioni di miscela di malta a base di calce idraulica compatibile con quella presente. Il terzo passaggio, infine, è quello in cui l'intervento di messa in sicurezza si dovrebbe concludere, effettuate le necessarie verifiche, con la messa in tiro dei cavi delle torri di contrasto. Una volta ultimato, il livello di sicurezza della torre Garisenda migliorerà perché diminuirà lo stato di sollecitazione alla base della zona maggiormente critica. «L'obiettivo - ha detto Lepore - è fare presto, fare bene e mettere in sicurezza la Torre Garisenda entro il 2024. Grazie ai tralicci potremmo installare all'interno della cerchia dei container rossi le due strutture che tireranno la Garisenda per evitarne un eventuale crollo. Questo consentirà di mettere in sicurezza la torre e riportare l'area nella zona verde che vuol dire sicurezza per tutti e anche una possibile riapertura al pubblico della Torre Asinelli».
Garisenda ed Asinelli, le due torri simbolo di Bologna - Tentori
Il lavoro di consolidamento e restauro vero e proprio, che va ancora progettato, entrerà insomma nel vivo nel 2025 e nel 2026. Intorno alle Due Torri rimarranno i container rossi, che sono stati posizionati negli ultimi mesi per garantirne la sicurezza. «Le strutture che hanno salvato la Torre di Pisa - ha detto Lepore - ci aiuteranno anche a salvare la Torre di Bologna. Per completare i lavori saranno sufficienti i 19 milioni di euro che abbiamo già raccolto, che serviranno per questi interventi e per tante altre cose».
Il dibattito sul futuro della città
Ma salvare un simbolo basta per mettere in sicurezza il futuro di una città, e in particolare di Bologna? Se lo sono chiesti a partire dal novembre scorso diversi intellettuali e artisti, a partire dalla provocazione lanciata sul supplemento diocesano domenicale di Avvenire, Bologna Sette, dal parroco ai Santi Bartolomeo e Gaetano, vicario generale per la Sinodalità, Stefano Ottani: «Se si vuole ridisegnare la città, bisogna mettere al centro i piccoli. L’allarme lanciato per il rischio di crollo della torre Garisenda è un’occasione da non perdere anche per progettare il futuro» aveva scritto a fine novembre. «Sogniamo una città in cui giocano i bambini, come risultato di un nuovo sistema di vita che coinvolge tutto, a partire dai bambini veri, quelli di ogni etnia e di ogni cultura che già vivono sotto le dueTorri, con le loro famiglie di ogni tipo. Occorre cioè che ci siano piazze e cortili in cui incontrarsi sotto lo sguardo attento, non preoccupato delle mamme. Sì, perché le mamme devono potersi anche loro incontrare e conversare, parlando un italiano corretto, riconosciute nella loro dignità e diversità». Ma piccoli «sono anche gli anziani - proseguiva il sacerdote -, i portatori d’handicap, i questuanti, gli stranieri: progettare una città senza barriere è un vantaggio per tutti, con spazi accessibili e protetti, con luoghi gratuiti esemplici, negozi, centri sociali,chiese. Mettere in sicurezza allora non significa solo ingabbiare la torre, così che se crolla non cada addosso alla chiesa e alle case, significa promuovere una nuova visione di città. Per avere bambini ci vogliono case, non solo monolocali o uffici o b&b; anche i lavoratori e gli universitari hanno bisogno di un alloggio economico e le periferie ne godrebbero più del centro. I piccoli fanno capire la genialità dei portici, senza buche e senza graffiti, abbraccio di buon vicinato».
Le premesse secondo don Ottani ci sono: «Guardando con attenzione alle due Torri, ci si accorge che fanno da cornice ad una cupola e a un campanile, simboli inseparabili della storia civile e religiosa, chiamati a impedire ogni riduzione della città ad una sola dimensione. Avvicinandosi ci si trova come dentro ad un teatro all’aperto, dove il portico laterale della basilica di S. Bartolomeo fa da palco e le colonne sono le quinte; piazza di Porta Ravegnana con tutta via Rizzoli sono la platea. Da troppo tempo il cantiere ha precluso questo cuore della città, privandola di un punto di orientamento. Verrà una sera in cui artisti di strada intoneranno canti e danze per coinvolgere i bambini e le mamme, studenti e turisti, al riparo dal traffico, senza schiamazzi, con gli anziani che battono le mani. E che piazza di Porta Ravegnana, quella delle due Torri, sia una piazza: non solo un luogo di passaggio, dove ci si possa fermare perché ci sono panchine su cui sedersi e chiacchierare, con una fontana per bere e rinfrescarsi, in una città amica».