La dispersione scolastica ci costa 70 miliardi di euro l’anno, che corrispondono a quattro punti del Pil. Precisiamo subito che questi calcoli non tengono conto della capacità reale di assorbimento del mercato del lavoro. Si basano piuttosto sull’aumento statistico - per chi ha un diploma rispetto a chi si è fermato alla terza media - della possibilità di trovare lavoro e una retribuzione migliore. Numeri che, in ogni caso, bastano a rendere l’idea di una vera e propria emergenza sociale. Il calcolo è stato ipotizzato ieri da Daniele Checchi, docente di Scienze Politiche all’Università degli Studi di Milano, al convegno nazionale “Per una scuola che promuova davvero”, organizzato a Torino dalla Fondazione Scuola e dall’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo. Due giorni di relazioni e confronti diretti a docenti, presidi, politici per cercare le soluzioni a un fenomeno sociale sempre più allarmante. «Una patologia». Così il sottosegretario all’Istruzione, Marco Rossi Doria, ha definito l’abbandono scolastico nel nostro Paese, che sfonda ampiamente il tetto del 10% fissato dagli obiettivi di Lisbona. Con percentuali che superano il 18% (dati Istat riferiti al 2011), il nostro Paese «è messo malissimo rispetto alla media europea». Inoltre con la crisi economica, i giovani che nè lavorano nè studiano sono destinati ad aumentare. Fanalino di coda, purtroppo a conferma dei luoghi comuni, le regioni del Sud.Rossi Doria ha ricordato le misure messe in campo con fondi residui dell’Ue, ovvero il “piano coesione”, diretto a Puglia, Sicilia, Calabria e Campania per il loro non invidiabile primato. Si tratta di 25 milioni di euro, che saranno spesi «per attività concrete e mirate contro la dispersione scolastica nei prossimi due anni. L’individuazione delle micro-aree è fissata per novembre». Non solo: «A questi fondi si aggiungono 70 milioni che dovranno, in queste stesse regioni, rimettere in funzione ad esempio palestre scolastiche, locali per il teatro e la musica, in modo da rendere la scuola più accogliente».«Il sistema sta regredendo», taglia corto Anna Maria Poggi, presidente della Fondazione per la Scuola della Compagnia, che definisce un errore l’assenza a tutt’oggi della tanto annunciata “anagrafe scolastica”. Uno strumento che aiuterebbe a monitorare e a trovare strumenti più efficaci contro l’abbandono degli studi. Inoltre, «i continui tagli alla scuola si fanno sentire e a farne le spese sono i più deboli». Strumenti per aggredire la dispersione ci sono e tra questi Poggi indica «le nuove tecnologie, le reti sociali, il rapporto tra scuola e famiglia». Come modello da esportare, illustra il progetto tutto torinese “Provaci ancora Sam”, sostenuto dalla Compagnia di San Paolo, che vede lavorare insieme insegnanti, servizi sociali, associazioni, Miur e Comune. Circa 650 i giovani che seguono un percorso personalizzato di reinserimento, una parte del quale si svolge nelle classi.