Tempi lunghi per le certificazioni neuropsichiatriche infantili - Imagoeconomica
Nicoletta Martinelli
Nelle intenzioni dei ministeri della Salute e dell’Istruzione le Linee Guida (2022 e 2023) per le nuove certificazioni ai fini scolastici e il Profilo di Funzionamento – tradotto, i documenti necessari per ottenere il sostegno dell’alunno e la sua integrazione nel percorso di studi – avrebbero dovuto semplificare se non sveltire un iter che impiega mesi per arrivare a compimento. Ma la sperata accelerazione non c’è stata: le linee guida sono state recepite da alcune regioni e non da altre, da altre ancora adattate alla normativa e alla prassi regionale, con le difficoltà del caso.
Semplificando, questo è il percorso che il genitore deve intraprendere: dopo che la scuola ha segnalato un problema (o lui stesso si è accorto che esiste) è necessario che si rivolga all’Azienda sanitaria locale per ottenere un certificato medico diagnostico-funzionale; ottenutolo, può inoltrare la domanda all’Inps che entro 60 giorni dovrebbe fissare la visita del bambino o dell’adolescente. A questo punto, tocca alla Commissione medico-legale Inps studiare il caso e, eventualmente, produrre il Verbale di accertamento della condizione di disabilità ai fini dell’inclusione scolastica. Altro giro di ballo: l’appena citato Verbale deve essere consegnato alla scuola per la richiesta di sostegno e di nuovo a un servizio di Neuropsichiatria infantile (esclusivamente pubblico, come le Asl e gli Uompia territoriali) per il rilascio del Profilo di funzionamento; va consegnato alla scuola che solo a questo punto potrà redigere il Pei, acronimo di Piano educativo individualizzato, un percorso personalizzato che viene redatto per gli studenti con disabilità.
Come si vede il lavoro è lungo e complesso: «Per noi della neuropsichiatria infantile il lavoro è sempre multidisciplinare, un’équipe è formata da almeno tre operatori sanitari, cioè un medico, un terapista e uno psicologo. Ma quasi sempre comprende anche un assistente sociale. Su ciascuno dei casi esaminati ogni membro deve fare una serie di valutazioni che, poi, vengono ridiscusse insieme per produrre una sintesi finale. Come si intuisce, tutto ciò richiede tempo. Sono necessarie mediamente venti ore per poter fare una certificazione che abbia una sussistenza, un valore medico-legale e sia deontologicamente corretta». A spiegare è Bruno Spinetoli, neuropsichiatra infantile che lavora presso la Asl Roma 1, all’Unità operativa complessa-Servizio Tutela Salute Mentale e Riabilitazione dell’Età Evolutiva: «Se pensiamo che una Asl come la nostra, nel Lazio, ha in carico quattro-cinquemila minori con disabilità in qualche modo riconosciuta, i conti sono presto fatti. Se moltiplicate il numero degli utenti per le venti ore indispensabili a valutarli otterrete il tempo complessivo necessario per evaderle; le Linee Guida seppur coerenti non sono sufficienti».
La valutazione viene fatta da un’équipe come quella di Bruno Spinetoli anche se il problema non è neurologico: «Siamo noi a valutare anche bambini che arrivano con il riconoscimento della legge 104 che, magari, sono diabetici oppure hanno una patologia oncologica o un altro tipo di disturbo. Il nostro compito – prosegue Spinetoli – indicato dalla legge 104, è verificare se quella condizione, per esempio il diabete, impatta o meno sull’apprendimento del bambino e quindi eventualmente proporre un sostegno scolastico. Non esiste automatismo tra 104 e sostegno scolastico». Per far questo non basta la sola certificazione del diabete ma è necessario conoscere quel bambino, valutarlo, compilare comunque un profilo di funzionamento, verificare come risponde alle sollecitazioni, se pianifica, se è in grado di organizzarsi e, poi, in base a questo eventualmente dire, sì, che questa condizione non neuropsichiatrica necessita di sostegno. «Ma capita anche spessissimo che le famiglie chiedano il sostengo per i figli con la Fibrosi Cistica, una malattia pediatrica per cui la stessa Società italiana di pediatria indica chiaramente che non bisogna concederlo se non in situazioni eccezionali. In questo caso, c’è sicuramente un problema pediatrico ma non – spiega il professore – un problema di apprendimento. Comunque sia, la mia équipe è tenuta a fare la valutazione». Questa tipologia di utenza ha numeri inferiori rispetto a quella dei ragazzi con disturbi dello spettro autistico o con disabilità intellettiva che sicuramente hanno bisogno di un sostegno didattico almeno nel ciclo della scuola primaria e secondaria di primo grado. «Stiamo parlando di bambini e adolescenti che richiedono anche più di venti ore di valutazione per la costituzione di un adeguato certificato di funzionamento e per le indicazioni molto precise da dare alla scuola. A parer mio – propone il neuropsichiatra – il percorso ottimale si avrebbe se il genitore si presentasse presso il nostro servizio perché vede che il suo bambino ha un problema di sviluppo. Noi verifichiamo se il problema c’è davvero e da noi stessi arriva la proposta di sostegno scolastico».
Toni Nocchetti, medico, è fondatore dell’associazione “Tutti a scuola” che si occupa anche di accendere i riflettori sulla disabilità con manifestazioni pacifiche e comunicati pubblici. Nel 2010 l’impegno del gruppo ha portato a una sentenza storica: la Corte costituzionale italiana ha sottolineato che lo studio è un diritto fondamentale per tutti gli alunni, compresi quelli con disabilità. Perciò ha reso obbligatorio che le scuole pubbliche abbiano un numero sufficiente di insegnanti di sostegno per permettere a tutti di partecipare alle attività didattiche. «Qui a Napoli – spiega – gli organici dei centri di valutazione sono svuotati, mancano i neuropsichiatri e i collegi finiscono per riunirsi solo ogni tanto. Se scopri che tuo figlio ha un problema quando ha tre anni e mezzo e fai la segnalazione, puoi sperare di avere quel che ti serve per ottenere il sostegno in tempo per l’inizio della scuola primaria. Il nostro è il Paese delle farraginosità, dei bizantinismi. Basti pensare che solo da due anni un ragazzo con un disturbo irreversibile come l’autismo è considerato non più rivedibile. Prima, i genitori dovevano sottoporlo alla rivalutazione ogni tre anni». Un supplemento di pena per le famiglie che contribuiva ad allargare la platea in coda per le certificazioni». Secondo Nocchetti le nuove linee guida non hanno né migliorato né peggiorato la situazione: «Resta il fatto che a essere penalizzati sono sempre i più deboli, i poveracci senza risorse. Quelli che non accettano con serenità la segnalazione di un problema da parte della scuola, che non hanno gli strumenti per confrontarsi con la realtà, preferendo nascondere il problema. Andrebbero aiutati subito, invece se chiamano la Asl per un appuntamento con le unità di neuropsichiatria se lo vedono fissare dopo sei mesi. E se abiti a Scampia o a Secondigliano che fai non potendoti permettere la sanità privata? Chiudi il figlio in casa e non se ne parla più».
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