mercoledì 24 luglio 2024
A sessantacinque anni dalla nascita dell'iconica bambola, Mattel lancia la sua nuova versione inclusiva. Dopo Barbie in sedia a rotelle la nuova sfida agli stereotipi
Barbie non vedente presentata dalla testimonial non vedente Lucy Edwards scelta dalla Mattel

Barbie non vedente presentata dalla testimonial non vedente Lucy Edwards scelta dalla Mattel - Mattel

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«Hai fatto star male le donne con sé stesse da quando sei stata inventata»: è l'accusa che viene mossa da una ragazzina in carne e ossa alla Barbie del film di Greta Gerwig. Paura di ottenerne impopolarità? Non per Mattel. Che in sessantacinque anni ha cambiato a Barbie abiti e connotati per rendere quanto più desiderabile e trasversale alle differenze la sua icona con i piedi inarcati sulle punte. Così, dopo la Barbie con le protesi, o quella in sedia a rotelle, o con sindrome di Down, con vitiligine, con alopecia, il mito recepisce e restituisce in forma di messaggio sociale un’altra disabilità: Barbie non vedente è la nuova barbie Fashionistas, creata come le altre versioni inclusive, per permettere ai bambini ciechi e ipovedenti di essere maggiormente rappresentati nella società, sottolinea la casa produttrice di giocattoli.

L'azienda ha collaborato con l'American Foundation for the Blind (AFB), un'organizzazione dedicata alle persone cieche e ipovedenti: così la nuova Barbie è stata progettata con un bastone bianco e rosso, lo sguardo leggermente rivolto verso l'alto e l'esterno per «riflettere accuratamente> quello tipico di individuo cieco». È vestita con abiti e dettagli in tessuto tattile, e accorgimenti per sfilarli e infilarli facilmente anche senza l’uso della vista. Il nome di Barbie sulla confezione è in braille

Marketing, comunicazione, business? Anche i più fervidi (o le più fervide com'è accaduto in passato nel movimento femminista) detrattori dell’eterna musa pop californiana ammetteranno che per un bambino cieco l’autorappresentazione possa passare più facilmente grazie a un giocattolo che parla universalmente delle sue caratteristiche. «Barbie è molto più di una semplice bambola; rappresenta l'espressione di sé e può creare un senso di appartenenza». afferma Krista Berger, vicepresidente senior di Barbie e responsabile globale per la produzione delle bambole.

Una collezione di Barbie

Una collezione di Barbie - Reuters

Lo sa bene la campionessa paralimpica dei 100 metri in sedia a rotelle Hannah Cockroft. «A cinque anni non avevo mai conosciuto un’altra persona sulla sedia a rotelle, o qualcuno con una disabilità. Non vedevo la disabilità in TV o sui giornali, non mi vedevo rappresentata nei giocattoli. Odiavo la mia sedia a rotelle e non volevo usarla. Questa bambola mi ha aiutata ad accettare la mia sedia a rotelle, e se non l’avessi fatto oggi non sarei una delle donne più veloci al mondo» ha raccontato l’atleta inglese qualche anno fa. Eppure i problemi non sono mancati: Barbie in sedia a rotelle nella sua priva versione, la bambola Becky del 1997, non era stata più prodotta perché la casa di Barbie, a cominciare dall'ascensore, non era accessibile all’amica con mobilità ridotta.

La storia di questi 65 anni anni è densa di primati: a partire dagli anni Ottanta fanno la loro comparsa sul mercato le bambole di oltre 40 origini diverse. Barbie Fashionistas dal 2009 introduce 23 nuovi modelli con 7 tonalità di carnagione, 30 tinte di capelli, 24 acconciature, 14 forme del viso e 22 colori degli occhi differenti. vengono introdotte tre nuove silhouette (alta, formosa e minuta). Cambia la fisicità della bambola originale per renderla meno stereotipica e più realistica. E il tempo di Barbie "curvie".

Mattel non ha più paura. Dalla Barbie sposa o dalla Barbie principessa come modello rappresentativo assoluto ne sono passati di pomeriggi bordo piscina a Palm Beach. E auto fuxia fiammeggianti di chiome bionde al vento sostituite da visiere da comandante, cappelli da chef e caschi da astronauta per far immaginare un mondo più ampio nelle camerette delle bambine e dei bambini di tutto il mondo.

Quella frase ( “Hai fatto star male le donne con sé stesse da quando sei stata inventata”) è l’espediente cinematografico che fa scattare una molla nella testa della bambola, le fa capovolgere gli eventi catastrofici e riportare la pace a Barbie Land.. Come la battuta iniziale di Barbie a proposito della morte che genera lo scompiglio nella patinata vita da spiaggia dei protagonisti.

La campagna pubblicitaria della nuova Barbie vede protagonista Lucy Edwards, attivista per la disabilità e conduttrice televisiva. «Da adolescente mi sentivo isolata perché perdevo la vista e non avevo modelli di riferimento come me – racconta -. Ero imbarazzata dal mio bastone. Sapere che anche una Barbie ne aveva uno mi avrebbe fatta sentire meno diversa e mi avrebbe aiutata a sentirmi meno sola nel mio percorso per accettare e abbracciare la mia cecità».

Adesso poi che di Barbie, nel film pietra miliare, si scopre anche l’ironia e l’autoironia. Cellulite, difetti, rughe, l’età avanzata… tutto trova il suo posto nel mondo di plastica. Bastano due battute scambiate fra donne per ricordare il valore dell’autostima: “Sei bellissima”. “Lo so”. Lo vede anche un cieco.


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