Barbie non vedente presentata dalla testimonial non vedente Lucy Edwards scelta dalla Mattel - Mattel
«Hai fatto star male le donne con sé stesse da quando sei stata inventata»: è l'accusa che viene mossa da una ragazzina in carne e ossa alla Barbie del film di Greta Gerwig. Paura di ottenerne impopolarità? Non per Mattel. Che in sessantacinque anni ha cambiato a Barbie abiti e connotati per rendere quanto più desiderabile e trasversale alle differenze la sua icona con i piedi inarcati sulle punte. Così, dopo la Barbie con le protesi, o quella in sedia a rotelle, o con sindrome di Down, con vitiligine, con alopecia, il mito recepisce e restituisce in forma di messaggio sociale un’altra disabilità: Barbie non vedente è la nuova barbie Fashionistas, creata come le altre versioni inclusive, per permettere ai bambini ciechi e ipovedenti di essere maggiormente rappresentati nella società, sottolinea la casa produttrice di giocattoli.
L'azienda ha collaborato con l'American Foundation for the Blind (AFB), un'organizzazione dedicata alle persone cieche e ipovedenti: così la nuova Barbie è stata progettata con un bastone bianco e rosso, lo sguardo leggermente rivolto verso l'alto e l'esterno per «riflettere accuratamente> quello tipico di individuo cieco». È vestita con abiti e dettagli in tessuto tattile, e accorgimenti per sfilarli e infilarli facilmente anche senza l’uso della vista. Il nome di Barbie sulla confezione è in braille
Marketing, comunicazione, business? Anche i più fervidi (o le più fervide com'è accaduto in passato nel movimento femminista) detrattori dell’eterna musa pop californiana ammetteranno che per un bambino cieco l’autorappresentazione possa passare più facilmente grazie a un giocattolo che parla universalmente delle sue caratteristiche. «Barbie è molto più di una semplice bambola; rappresenta l'espressione di sé e può creare un senso di appartenenza». afferma Krista Berger, vicepresidente senior di Barbie e responsabile globale per la produzione delle bambole.
Una collezione di Barbie - Reuters
Lo sa bene la campionessa paralimpica dei 100 metri in sedia a rotelle Hannah Cockroft. «A cinque anni non avevo mai conosciuto un’altra persona sulla sedia a rotelle, o qualcuno con una disabilità. Non vedevo la disabilità in TV o sui giornali, non mi vedevo rappresentata nei giocattoli. Odiavo la mia sedia a rotelle e non volevo usarla. Questa bambola mi ha aiutata ad accettare la mia sedia a rotelle, e se non l’avessi fatto oggi non sarei una delle donne più veloci al mondo» ha raccontato l’atleta inglese qualche anno fa. Eppure i problemi non sono mancati: Barbie in sedia a rotelle nella sua priva versione, la bambola Becky del 1997, non era stata più prodotta perché la casa di Barbie, a cominciare dall'ascensore, non era accessibile all’amica con mobilità ridotta.
La storia di questi 65 anni anni è densa di primati: a partire dagli anni Ottanta fanno la loro comparsa sul mercato le bambole di oltre 40 origini diverse. Barbie Fashionistas dal 2009 introduce 23 nuovi modelli con 7 tonalità di carnagione, 30 tinte di capelli, 24 acconciature, 14 forme del viso e 22 colori degli occhi differenti. vengono introdotte tre nuove silhouette (alta, formosa e minuta). Cambia la fisicità della bambola originale per renderla meno stereotipica e più realistica. E il tempo di Barbie "curvie".
Mattel non ha più paura. Dalla Barbie sposa o dalla Barbie principessa come modello rappresentativo assoluto ne sono passati di pomeriggi bordo piscina a Palm Beach. E auto fuxia fiammeggianti di chiome bionde al vento sostituite da visiere da comandante, cappelli da chef e caschi da astronauta per far immaginare un mondo più ampio nelle camerette delle bambine e dei bambini di tutto il mondo.
Quella frase ( “Hai fatto star male le donne con sé stesse da quando sei stata inventata”) è l’espediente cinematografico che fa scattare una molla nella testa della bambola, le fa capovolgere gli eventi catastrofici e riportare la pace a Barbie Land.. Come la battuta iniziale di Barbie a proposito della morte che genera lo scompiglio nella patinata vita da spiaggia dei protagonisti.
La campagna pubblicitaria della nuova Barbie vede protagonista Lucy Edwards, attivista per la disabilità e conduttrice televisiva. «Da adolescente mi sentivo isolata perché perdevo la vista e non avevo modelli di riferimento come me – racconta -. Ero imbarazzata dal mio bastone. Sapere che anche una Barbie ne aveva uno mi avrebbe fatta sentire meno diversa e mi avrebbe aiutata a sentirmi meno sola nel mio percorso per accettare e abbracciare la mia cecità».
Adesso poi che di Barbie, nel film pietra miliare, si scopre anche l’ironia e l’autoironia. Cellulite, difetti, rughe, l’età avanzata… tutto trova il suo posto nel mondo di plastica. Bastano due battute scambiate fra donne per ricordare il valore dell’autostima: “Sei bellissima”. “Lo so”. Lo vede anche un cieco.