lunedì 24 giugno 2024
Parla il nuovo direttore della Caritas diocesana, padre Giuseppe Carulli, già missionario in Albania ed Eritrea: intanto, il servizio mensa per i poveri non ha subito alcuna interruzione
Una tenda della Protezione civile nell'area dei Campi flegrei

Una tenda della Protezione civile nell'area dei Campi flegrei - Fotogramma

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Giuseppe Carulli, missionario vincenziano, barese di nascita ma napoletano di adozione, classe 1968, è da qualche giorno, per decisione del vescovo Carlo Villano, il nuovo direttore della Caritas di Pozzuoli, una diocesi da quasi mezzo milione di abitanti, in un'area sconvolta dal bradisismo. L’abbiamo incontrato nella sua parrocchia Maria Immacolata della Medaglia Miracolosa, nel rione Traiano di Napoli.

Padre, da quanto tempo è a conoscenza dei problemi dell’area flegrea partenopea e, soprattutto, le sue missioni in Albania ed Eritrea in che modo hanno contribuito a propiziarle il suo attuale incarico?

Già dalla fine dello scorso secolo ho familiarizzato con gioie e difficoltà dei fedeli del circondario puteolano, mentre le mie permanenze in Africa e nell’Europa povera hanno acuito la mia sensibilità per gli ultimi e i derelitti.

Come pensa di contribuire ad affrontare l’emergenza bradisismo, visto che dalla scossa del 20 maggio scorsa è chiuso il Poliambulatorio della Caritas in via Roma, e anche l’utilissimo dispensario del “farmaco solidale” è sospeso da allora?

Ci stiamo battendo con tutte le nostre forze, il vescovo Villano e io, per riaprire prima di settembre l’ambulatorio delle visite specialistiche della Caritas puteolana in altro luogo non sconvolto dal bradisismo. Intanto però il servizio delle mense per i poveri non ha subìto alcuna interruzione.

Padre Carulli, come nuovo direttore della Caritas diocesana, quali iniziative si propone di realizzare per non abbienti e bambini?

Per ora sto prendendo visione dei progetti già esistenti e già operativi, per i minori, a Licola e Quarto. Per gli anziani disagiati l’assistenza, a causa del bradisismo, è stata trasferita a Monteruscello e contiamo di ripristinarla al più presto.

C’è anche un bel libro di cui lei è autore... Ce ne vuole parlare?

Ho pubblicato “Quel giorno a Chatillon”. Non so se sia un bel libro, spetta agli altri giudicarlo. Ma è la mia ricostruzione della storia del volontariato vincenziano, dal quale provengo e che mi ha formato.

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