martedì 30 luglio 2024
L'ex ministro della Difesa presiede il comitato per cambiare il Rosatellum con quattro quesiti. «Sotto sotto Pd, M5s e Cgil pensano che questa legge possa favorirli. Ma così moriremo di partitocrazia»
Trenta: «Rompere il silenzio, cambiare la legge elettorale»

ANSA/SKY TG24

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L’altro referendum, meno noto di quello sull’autonomia, si intitola “Io voglio scegliere” e vuole demolire il Rosatellum. «A parole tutti sono per cambiare la legge elettorale, ma è difficile che un Parlamento di eletti, anzi “nominati” con quella legge, decida davvero di cambiarla», spiega Elisabetta Trenta. L’ex ministra della Difesa presiede il Comitato promotore, di cui fanno parte ex dirigenti sindacali come Giorgio Benvenuto (presidente onorario) e Raffaele Bonanni, giuristi come Enzo Palumbo, Sergio Bagnasco, il radicale Marco Cappato, il presidente degli ex parlamentari Peppino Gargani, il segretario del nuovo Cdu Mario Tassone. «Ci siamo rivolti ai i partiti ma solo +Europa e i socialisti hanno aderito, rompendo la congiura del silenzio».

Quattro i quesiti, 500mile le firme da raccogliere entro settembre, una montagna difficile da scalare in queste condizioni, ma non impossibile. «Eravamo partiti col compianto avvocato Felice Besostri, del Pd, poi si è inserita la raccolta firme lanciata per abrogare l’autonomia differenziata. Ma collaborare sarebbe nel reciproco interesse», spiega Trenta.

Entriamo nel merito dei quesiti.

Col primo si chiede di eliminare il divieto di voto disgiunto: oggi i cittadini se scelgono una lista, in automatico il voto va anche al candidato collegato all’uninominale, e questo toglie libertà di scelta dell’elettore. Il secondo abolisce le soglie di sbarramento. Sono state introdotte perché, si diceva, ci fossero troppi partitini. Il risultato è che i piccoli partiti sono aumentati perché se si mettono in coalizione possono ottenere nell’uninominale dei “posti sicuri”, mentre partiti anche di un certo peso, se restano sotto la soglia, da soli non eleggono nessuno e quei voti vengono dispersi. Il terzo è sulla raccolta firme: chiediamo che tutte le liste debbano raccoglierle, anche quelle presenti in Parlamento. Non è giusta questa disparità. Il quarto intende abolire le pluri-candidature, altro strumento con cui gli apparati di partito gestiscono la composizione del Parlamento. Quattro quesiti, ma sono tutti importanti per ripristinare re una vera rappresentatività.

Rispetto al premierato, questi referendum come si pongono?

Rappresentano l’antidoto di una riforma che intende mettere il Parlamento al servizio del presidente del Consiglio.

Perché i grandi partiti non rispondono?

Mi interrogo sul silenzio del Pd, ma anche del M5s, come della Cgil. Sotto sotto pensano che se stavolta il Rosatellum ha favorito Meloni, domani potrebbe favorire loro. Ma così moriremo di partitocrazia, e dovrebbe essere interesse di tutti che non accada.

Perché i cittadini dovrebbero firmare?

Quando abbiamo modo di spiegare i quesiti nel merito, i cittadini capiscono che questa proposta vuole incidere sulle tante distorsioni che producono astensionismo, scarsa qualità del personale politico e poca partecipazione. Sono i “marchingegni” denunciati da Mattarella che noi vogliamo eliminare.

Che messaggio mandate a chi sta raccogliendo le firme contro l’autonomia differenziata?

Che dobbiamo unire le forze. Non solo è giusto, è anche conveniente. Per entrambi. Per difendere insieme le prerogative del Parlamento, che vorrebbero chiamare solo a ratificare. Questo ci aiuterebbe, oggi, nella raccolta firme, ma domani il nostro referendum, in abbinata, potrebbe aiutare anche loro a raggiungere il quorum.

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