martedì 16 luglio 2024
I controlli dell'Istituto superiore di Sanità confermano la qualità dell'acqua del rubinetto, eppure c'è ancora chi pensa che vada purificata e che, addirittura, faccia venire i calcoli
L'acqua di casa è buona e sicura, ma un italiano su 3 non ci crede

Icp

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Per un italiano su tre l’acqua del rubinetto non è buona, farebbe venire i calcoli e deve essere “purificata” prima di essere bevuta. Invece è vero il contrario. Lo testimonia il primo Rapporto elaborato dal Centro nazionale per la sicurezza delle acque (Censia) dell’Istituto superiore della sanità che, tra il 2020 e il 2022, ha scandagliato oltre 2,5 milioni di analisi chimiche, chimico-fisiche e microbiologiche in 18 regioni - mancano all’appello i dati di Toscana, Molise e Calabria - e province autonome, in rappresentanza del 90% della popolazione italiana.

I controlli dicono che l’acqua del rubinetto di casa è «conforme ai parametri indicati dalla legge, in particolare lo è al 99,1% per quelli sanitari microbiologici e chimici, e al 98,4% per i parametri indicatori, non direttamente correlati alla salute ma a variazioni anomale della qualità (che potrebbero, per esempio, influire su sapore, odore o colore)». Tutte le regioni hanno mostrato percentuali di conformità medie superiori al 95%.

In vetta per la qualità c’è l’Emilia-Romagna seguita da Veneto e Piemonte, mentre i tassi di conformità relativamente minori per parametri sanitari sono registrati nelle province autonome di Trento e Bolzano, e, per i parametri indicatori, in Umbria e nella provincia di Trento. Per quel che riguarda i campioni che non rispettano gli standard, si tratta di tracce «episodiche e circostanziate» a livello locale di contaminazioni microbiologiche (per esempio, la presenza di batteri come l’Escherichia coli), ambientali (come infiltrazioni) o, in alcune aree limitate, la presenza oltre il limite di sostanze come il fluoro e l’arsenico. In tutti i casi, però, sottolinea il rapporto, «il sistema ha gestito il problema garantendo la salute dei cittadini».

Non solo. I controlli sono diventati più stringenti. «Con il decreto legislativo 18 del 2023 – ha spiegato Luca Lucentini, direttore del Censia –, sono stati previsti programmi di prevenzione che tengono conto dell’origine dell’acqua, che può essere sotterranea, da falde, pozzi e sorgenti, o superficiale, da laghi, fiumi e bacini artificiali; degli eventi pericolosi alla fonte di sorgenza, come incendi che hanno dato luogo a schiume, accessi incontrollati ai serbatoi, contaminazioni causate dalla rottura di tubazioni, inondazioni che dilavano idrocarburi, e siccità, che provoca una maggiore concentrazione di elementi chimici».

Che l’acqua delle nostre case sia potabile come quella venduta nei supermercati è una precisazione importante, viste anche le stime di Acquitalia sul business che ruota attorno all’acqua minerale che, nel 2022, ha superato i 16 miliardi di litri di produzione per un giro d’affari di oltre 3 miliardi di euro in un comparto che conta 230 marche di acque confezionate e 130 unità imbottigliatrici. Cifre destinate ad aumentare per il caldo record e per l’estate che si protrae fino ad ottobre.

«L’acqua nelle case degli italiani, destinata al consumo, è sostenibile e sicura», ha garantito il ministro della Salute, Orazio Schillaci. L’Italia ha una base normativa solida che segue gli obiettivi tracciati nella legge delega europea del 2022 «che mira non solo a proteggere la salute umana dagli effetti negativi, garantendo che l’acqua sia sicura e pulita ma anche a migliorare e promuovere l’accesso alle acque destinate al consumo umano sulla base di evidenze scientifiche». La pubblicazione del rapporto è il primo passo verso la costruzione di un’“anagrafe dell’acqua”, ha promesso Lucentini e sarà in funzione «entro due anni al massimo».

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