«La giustizia deve fare il suo corso, sempre. La vera giustizia verrà da Dio, ma già qui sulla terra occorre che chi ha commesso un delitto tanto grave paghi per le sue colpe... Sperando che il sangue versato dai nostri ragazzi per la pace possa un giorno portare a un cambiamento nel cuore di queste persone, anche se probabilmente noi non lo sapremo mai». Non c’è traccia di odio nelle parole di Margherita Caruso, moglie del brigadiere dei Carabinieri Giuseppe Coletta, ucciso nella strage di Nasiriyah, ma la consapevolezza che, se non c’è giustizia senza perdono, non c’è nemmeno pace senza giustizia.
Come ha colto la notizia dell’arresto dei sette responsabili?Prima ho avuto un sussulto a sentire la parola "Nasiriyah" per radio, dato che non se ne parla quasi più. Per qualche istante sono riprecipitata indietro a quei giorni terribili, poi ho cercato di capire che cosa stessi provando... Una sensazione di vuoto, né gioia né dolore, solo un senso di giustizia.
Nessuna rivalsa?No, assolutamente: quando qualcuno commette azioni simili, si è vittime tutti, chi muore perché soccombe alla violenza altrui, chi è carnefice perché il reato commesso prima o poi lo schiaccerà, per tutta la vita si porterà addosso la sua colpa. La vittima innocente torna alla casa del Padre, ma chi resta in vita dovrà fare i conti con ciò che ha commesso e starà ben peggio... Finché però non sarà disposto a incontrare la misericordia di Dio.
Assassini come questi potrebbero?"Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve", ci dice la Bibbia e io ne sono certa. Ho detto a Maria, la nostra bambina che ora ha dieci anni, «hanno arrestato chi ha ucciso il tuo papà, che cosa provi?», e lei mi ha risposto «niente». Ne sono stata felice, perché in lei non vive un senso di rancore che un giorno potrebbe farla diventare una persona negativa. In sé ha solo un senso di riconoscenza per il papà, conserva soltanto il bene che lui faceva per i piccoli.
Lei prega per gli assassini?Tra le mie preghiere ce ne sono sempre state anche per loro. Vorrei sapere chi sono, se sono figli, padri, mariti: un conto è sapere che sono sette - ed è solo un numero - un conto è guardarli negli occhi, poter far capire attraverso lo sguardo che c’è speranza anche per loro, che l’abisso del male compiuto non deve annientarli nella di-sperazione, perché la redenzione può salvare anche il peggior criminale. A qualunque fede appartengano, Dio guarda nei cuori. Fermo restando, come ho detto, che devono pagare, perché senza pentimento non ci può essere riconciliazione.
Il loro capo non avrà più tempo per pentirsi, è stato impiccato nel 2007.Chi lo ha ucciso ha agito esattamente come lui, per di più a mente fredda e ponendosi nel ruolo del "giusto", ma che differenza c’è tra loro? Io ti uccido perché tu hai ucciso: che insegnamento c’è? Fare giustizia comporta anche lasciare sempre un’altra possibilità. Se nostro figlio fosse un assassino, non vorremmo per lui che avesse una seconda
chance?
Se lei li potesse incontrare, che cosa direbbe loro?Al momento proverei una grande rabbia, ed è umano: rivedrei il corpo di mio marito bruciato vivo e quello dei suoi compagni ridotti a brandelli, come li ho visti nelle foto della strage. Ma l’aiuto di Cristo poi mi farebbe vedere dei fratelli che affiderei semplicemente all’accoglienza di Cristo per tutti i suoi figli.
Le parole di perdono spesso suscitano rabbia e incomprensione...Solo in chi non va oltre la nostra miseria umana, in chi non ha ancora incontrato Cristo. Se tutti noi ci fossimo fermati sotto la Croce e non fossimo poi andati davanti a quella pietra rotolata, che senso avrebbe la nostra vita? Questo è il punto di tutto: qualsiasi situazione accada, anche la più dolorosa, è lì davanti alla tomba vuota, simbolo di resurrezione, che dobbiamo trovarci tutti. La morte si sconfigge solo con la vita.