mercoledì 8 febbraio 2023
Marta (nome di fantasia) a 25 settimane è stata sottoposta ad un delicato intervento a cielo aperto per correggere il suo difetto, grazie ad una equipe multidisciplinare. È il secondo caso dal 2020
Nata alla 36° settimana la bimba operata in utero per spina bifida, sta bene

Ufficio Stampa Gemelli

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Sta bene e dimostra già di esser una bimba forte, Marta (nome di fantasia). Con coraggio e attaccamento alla vita, infatti, Marta può dire di aver superato un bello scoglio, quello della 36esima settimana nella pancia della mamma, dopo un’operazione in utero a cielo aperto avvenuta alla 25esima settimana di gravidanza perché affetta da spina bifida. È nata infatti alla 36.4esima settimana e ora sta bene, anche se il suo percorso non può dirsi ancora concluso. Il complesso intervento chirurgico è stato eseguito con successo dalla equipe multidisciplinare composta da ginecologi ostetrici, neonatologi, anestesisti e neurochirurghi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

Ma la preparazione è avvenuta da lontano. Al 5 mese di gravidanza, infatti, dopo una risonanza magnetica (RM) fetale la diagnosi è stata chiara: mielomelingocele lombosacrale di circa 2 cm con ventricolomegalia cerebrale e dislocamento verso il basso del cervelletto (Sindrome di A. Chiari). «In genere questa grave forma di spina bifida viene operata nei primi giorni di vita – spiega Marco De Santis, associato di ginecologia e ostetricia all’Università Cattolica, responsabile della UOS Prevenzione, diagnosi e terapia dei Difetti Congeniti, campus di Roma -, ma trattarlo in utero previene dei danni ulteriori che nel corso della vita prenatale si possono avere sulle strutture nervose, soprattutto sul cervelletto. Fare l’intervento in utero è sicuramente un modo per ridurre alcune di queste disabilità».

La sindrome di Marta

Il mielomeningocele è uno dei difetti più comuni del Sistema Nervoso Centrale, può causare gravi disabilità permanenti, come difficoltà motorie, paraplegia, idrocefalo, dislocazione verso il basso di cervelletto e tronco encefalico, disfunzione della vescica e dell’intestino, deformità ossee, possibili ritardi cognitivi e disfunzioni sessuali. I deficit neurologici sono causati dal danno anatomico proprio del difetto e dall’esposizione prolungata delle strutture nervose al liquido amniotico, motivo per cui la riparazione prenatale in utero migliora la salute del prodotto del concepimento correggendo chirurgicamente l’anomalia e contrastando il progressivo peggioramento durante la vita intrauterina.

Ufficio Stampa Gemelli

L’intervento

Il delicato intervento chirurgico sul feto in open surgery (a cielo aperto) è stato eseguito con apertura della parete addominale materna, incisione e apertura della parete uterina, esteriorizzazione del feto nella parte da operare, correzione neurochirurgica della spina bifida e successivo riposizionamento del feto e chiusura di utero e parete addominale. Il successivo decorso della gravidanza è stato privo di complicanze sia per la madre che per il nascituro e il taglio cesareo è stato eseguito a oltre 36 settimane di gestazione. Questo è il secondo caso di intervento in utero su un bimbo affetto da spina bifida al Policlinico Gemelli, il primo risale ad agosto 2020. Ora Marta è nelle mani dell’UOSD di Spina bifida e ropatie malformatice del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, qualificato centro per il trattamento di questa patologia, diretta da Claudia Rendeli, ricercatrice in pediatria generale e specialistica all’Università Cattolica, campus di Roma, dove vengono seguiti nel tempo bimbi con difetto di chiusura del tubo neurale dalla diagnosi al trattamento pre e postnatale.

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