giovedì 31 luglio 2014
Il piccolo aveva 5 anni. Era considerato un simbolo del dramma dell'Ilva di Taranto. Il papà: «Diritto di ogni bambino poter crescere in salute».
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Ammalarsi di tumore a tre mesi. Morire a cinque anni. È la storia di Lorenzo Zaratta, il bimbo di Taranto che ha lottato - insieme ai suoi genitori - per quasi tutta la sua esistenza diventando un simbolo del no all'inquinamento nella città pugliese. Un simbolo, per gli abitanti, del dramma Ilva. «Nessuno è in grado di dimostrare il nesso di causalità tra il tumore di Lorenzo e i fumi dell'Ilva, ma la mia famiglia lavorava lì e i miei nonni, mia mamma sono morti di tumore. Mio suocero anche era all'Ilva e mia moglie, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi. E si dice che da quei camini non esca acqua di colonia, ma gas in grado di modificare il dna e provocare errori genetici come quello di mio figlio». Così il papà di Lorenzo, Mauro, il 17 agosto del 2012 parlò dal palco durante una manifestazione contro l'inquinamento nel capoluogo ionico. Ieri sera, su Facebook, Mauro Zaratta, 36 anni, dipendente della Marina militare, ha annunciato la morte del figlio con queste parole: «Cari amici volevo avvisarvi che Lorenzino ci ha fatto uno scherzetto... ha voluto diventare un angioletto...». Oggi pomeriggio di sono svolti i funerali. Il popolo della Rete ha manifestato immediatamente vicinanza e solidarietà alla famiglia Zaratta schierandosi contro il Siderurgico e la grande industria ritenuta responsabile dell'emergenza sanitaria e ambientale a Taranto. «Lollo - scrive su Facebook Rosella Balestra, del comitato Donne per Taranto - era un guerriero, un piccolo guerriero della nostra terra, una terra che gli aveva regalato appena nato un destino ingiusto. Tristezza e rabbia per non aver protetto i figli di questa nostra terra, diventata matrigna e crudele. Il tempo è limitato e tu ce lo hai dimostrato...Dacci la forza per non arrenderci e proteggere ogni bambino». A Lorenzo a soli tre mesi i medici diagnosticarono un tumore al cervello a dir poco voluminoso, 5 centimetri. Da allora per lui sono stati viaggi continui, le cure a Firenze, la chemioterapia e le 25 operazioni chirurgiche. Il bambino perse anche la vista. I neurochirurghi oncologici hanno fatto di tutto per salvargli la vita. Inutilmente. Ma inutile non deve essere il sacrificio del piccolo Lorenzo. «È diritto di ogni bambino nato sano - disse il papà parlando in pubblico della sua storia - poter crescere in salute senza essere avvelenati da un impianto industriale fuori controllo».  «Il coraggio di Mauro e Lorenzo e il dolore di tutta la famiglia  - ha commentato il presidente di Peacelink, Alessandro Marescotti -  sono stati un esempio per tutti noi. Hanno ambedue continuato a lottare contro il cancro fino all'ultimo. Sono stati una risposta dignitosa e forte all'indifferenza di quanti si voltano ancora dall'altra parte per convenienza, ignoranza o, peggio ancora, ignavia».
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