I casolari di montagna e i tabulati telefonici. Sono queste le due parole chiave del terzo giorno d’indagini sul furto della reliquia con il sangue del beato Giovanni Paolo II, avvenuto la scorsa settimana nel piccolo santuario di San Pietro della Ienca, alle pendici del Gran Sasso, il primo a lui dedicato in Europa. Abbandonata la pista satanica, l’ipotesi più accreditata ora resta quella del furto per commissione, probabilmente ideata da un collezionista. Dopo il vertice di ieri mattina in procura tra i pm e le forze dell’ordine, comunque, adesso gli sforzi della procura dell’Aquila si stanno orientando verso la messa al setaccio delle cascine abbandonate attorno al vicino comune di Assergi, nella speranza che i ladri abbiamo abbandonato la preziosa ampolla, donata nel 2011 alla comunità abruzzese dal segretario particolare di Papa Wojtyla, il cardinale Stanislaw Dziwisz, per poi tornare a riprenderla una volta che le acque si fossero calmate. Ma in queste ore si stanno analizzando anche le telefonate agganciate nelle celle della zona prima e dopo il furto, probabilmente avvenuto di notte tra venerdì e sabato scorso, per capire chi fossero le persone presenti in quel quadrato di terra. Ma non si tralasciano nemmeno le centinaia di chiamate, anche anonime, arrivate in queste ore al comando dei carabinieri dell’Aquila, perché «non vogliamo lasciare nulla di intentato», dice il comandante provinciale Savino Guarino. È ancora incredulo e frastornato invece il parroco di Assergi, don Josè Obama Abuy, che domenica insieme ad alcuni fedeli ha scoperto la finestra rotta della chiesa. Nessuno poteva immaginare un gesto del genere in questo paesino, continua a ripetere, «è uno scandalo internazionale, una vergogna per tutti, oltre a essere un duro colpo per i cristiani ». Col senno di poi, è il suo unico rammarico, forse «si doveva provvedere alla sicurezza con le telecamere». "Desidero rivolgere una richiesta a coloro che hanno sottratto la reliquia da quella chiesetta sotto il Gran Sasso. Vi prego restituitela prima della canonizzazione di Giovanni Paolo II". L'appello arriva dal cardinale
Stanislaw Dziwisz, per oltre cinquant'anni segretario personale di Wojtyla."Spero dal profondo del cuore che chi ha sottratto la reliquia la restituisca", dice il cardinale in un'intervista al Messaggero. "Bisogna fare tutto il possibile perché questoavvenga e spero che possa davvero accadere. Chi l'ha presa sa bene che non ha nessun valore. Prego perché la coscienza di questa persona abbia un sussulto e decida di restituirla, magari facendola ritrovare al parroco in qualche luogo lì attorno".