La luna è proprio sopra il Vesuvio, appare e scompare dietro le nuvole che scorrono di vento. Gli anfibi dei militari affondano in una distesa di amianto e plastica e gomma che probabilmente brucerà presto. Hanno buttato di tutto qui, sotto un lungo cavalcavia alla periferia di Cercola: carcasse di frigoriferi e di computer, parti di automobili e mobili, residui di lavori edilizi e di aziende d’abbigliamento, spunta anche addirittura lo scheletro di un prefabbricato del terremoto. Pattugliamo coi soldati una notte e un giorno. I primi cento che dovranno occuparsi di chi sversa rifiuti tossici e chi li brucia nella Terra dei fuochi. Appartengono al Reggimento 'Cavalleggeri Guide' di Salerno e alla Brigata 'Garibaldi' (già responsabile del Raggruppamento Campania per l’operazione 'Strade sicure'). Turni da sei ore durante i quali i
VM90 (che portano fino a dieci persone e sono una via di mezzo tra l’autocarro tattico e il fuoristrada) e le
jeep percorrono almeno centoventi chilometri su strade secondarie, fra le campagne e nelle città. Le pattuglie raddoppiano dalle diciotto alle ventiquattro, come hanno chiesto le Questure di Napoli e Caserta, perché è quella la fascia oraria più 'a rischio', numeri alla mano. Il loro compito è, appunto, «prevenire e reprimere i reati ambientali, in particolare lo sversamento incontrollato di rifiuti ed i conseguenti roghi illegali » nei comuni che avevano sottoscritto il patto per la 'Terra dei fuochi'.
Arresti e un enorme incendio Armi a tracolla e adesso luci spente. Tocca ai visori notturni, siamo alle porte di Maddaloni. Il giubbotto antiproiettile neppure è troppo fastidioso. Tre giovani romeni sversano scarti di chissà quali lavorazioni e stanno per accenderli. Li bloccano qualche attimo prima. E chiamano i Carabinieri, che vengono ad arrestarli. Non c’è nessun giovanotto di primo pelo fra i militari, tutti hanno almeno dieci anni di servizio e tutti almeno due o tre missioni sulle spalle (dal Libano al Kosovo, dall’Iraq all’Afghanistan): uno di loro, stanotte, è fra i quattro che rimasero feriti nel marzo 2012 nell’attentato che uccise un ufficiale italiano a Farah, in Afghanistan. Da qualche ora non piove più e fa anche meno freddo. Notte strana. Calma. D’improvviso muoviamo a manetta verso una colonna altissima di fumo, lontana. Stavolta però non sono rifiuti, è una fabbrica di persiane che brucia a Casoria e chissà se abbia preso fuoco accidentalmente. La scena è surreale, le fiamme sono infinite, attaccano il deposito delle vernici, eppure divorano tutto quasi senza crepitio.
Foto, posizione e natura dei rifiuti Si ricomincia a girare, raggiungiamo Casalnuovo, i militari portano la mascherina sui volti, di notte una torcia e, quando serve, infilano i guanti. Si sobbalza lungo le stradine sterrate. Puzza di gasolio e brontolìo assordante dei motori dei
VM90. Ci si ferma ad ogni 'discarica', piccola o grande che sia. La si fotografa, se ne segna la posizione e la natura dei rifiuti che vi sono stati abbandonati: a fine turno di pattugliamento, i soldati faranno un preciso
report per Questure e Prefetture, oltre che richiesta ai Comuni di competenza per la rimozione. E in pochi giorni qualcosina è stata portata via, perché negli stessi posti i militari ripassano dopo un certo numero di giorni per controllare che la situazione sia cambiata (o meno). «Quando la gente dovesse accorgersi di uno sversamento, di un rogo o di qualsiasi attività illegale – dice il capitano Raffaele Califano – che fermi la nostra pattuglia, così ci darà la possibilità d’intervenire quanto prima possibile». Ed è già successo più volte.
Tante segnalazioni dalla gente Via via tocchiamo Frattamaggiore, Frattaminore, Acerra. Quella può essere una chiave importante, se non decisiva: il rapporto con la gente. «Abbiamo riscontri notevoli, segnalazioni che raccogliamo da cittadini comuni e di ogni età, che ci arrivano da giovanissimi, ma anche da persone più adulte – racconta il colonnello Vincenzo Lauro, portavoce del secondo Comando delle Forze di Difesa –. Molte persone hanno il coraggio di segnalare reati e annotano, per esempio, le targhe delle autovetture, come pure vengono a dirci i luoghi dove hanno trovato rifiuti abbandonati». Fuori Frattamaggiore, a pochi metri dalle nocciole, c’è un rogo. Corriamo anche lì, ma chi ha sversato e dato fuoco è scappato. Ecco anche i Vigili del fuoco. Di nuovo foto, di nuovo segnare ogni dettaglio. Poi il capopattuglia chiama la Polizia locale, che arriva, controlla, scatta altre foto. Nei prossimi giorni i soldati verranno a vedere se e quali provvedimenti siano stati presi. Intanto vanno a fare domande a chi lavora nei campi qui intorno. Difficile che qualcuno dica qualcosa, però «serve a farci vedere», spiega il capitano Califano: «Così che la gente sappia che ci siamo e che può fidarsi». A un centinaio di metri c’è un corso d’acqua, un piccolo fiume. Ne spunta la carcassa di un’automobile, tonnellate di scarti d’abbigliamento, altri computer, lane isolanti e un bel po’ di porcherie tossiche di ogni tipo, comprese, a riva, delle flebo usate. Parlando con la gente ci si accorge che è la sfiducia nello Stato (e i suoi rappresentanti) a farla da padrona. Tuttavia c’è una richiesta chiara e assai diffusa: avere un numero di telefono diretto coi militari da chiamare per segnalare – in tempo reale – solamente sversamenti e roghi. Loro, i soldati, sarebbero pronti.