Il mercato di Ganviè - Christoph Wolf - Wikivoyage - Commons Wikimedia
“Altre mete? Raccontaci la tua”. Continua l'iniziativa di Avvenire per l'estate dei nostri lettori. Segnalate il luogo del cuore, quello dietro casa o lontanissimo nel mondo, ancora poco conosciuto, o il vostro viaggio fuori dalle rotte del turismo di massa. Raccoglieremo le vostre proposte che arriveranno attraverso una scheda da compilare on line al link formvacanze.avvenire.it/form/. Le più curiose e belle le pubblicheremo sul sito o sul giornale.
Ed ecco la meta che segnala Anna Maria de Majo: il villaggio di Ganviè nel Benin, in Africa.
Il villaggio di Ganviè, la Venezia africana - Manu25 - French Wikipedia - Commons Wikimedia
Sono stata a Ganviè nel lontano 1974, quando mi trovavo in Africa per tre mesi partecipando a un'indagine alimentare della Cattedra di Ecologia Umana dell'Università La Sapienza di Roma. Fu un viaggio indimenticabile in un luogo indimenticabile. Il villaggio è situato sul lago Nokouè, a Nord della metropoli di Cotonou, la città più “europea” del Paese, con aeroporto e porto internazionali, anche se la capitale è Porto Novo.
Il villaggio, con case su palafitte, erette utilizzando legno e bambù, con tetti una volta di paglia intrecciata e adesso di lamiera ondulata, si raggiunge solo in canoa. Una traversata dal vicino porto di Abomey-Calavi (sede di un vivace mercato del pesce) che è un’esperienza in sé per le emozioni e i colori mozzafiato che regala.
La vita a Ganviè - che oggi conta circa 30 000 abitanti che vivono principalmente di pesca, ma, sempre di più, anche di turismo - si svolge tutta sull'acqua. Le piroghe si muovono scivolando tra i gigli acquatici che affiorano ovunque. Anche il piccolo albergo per chi vuole trascorrere qualche giorno in quella che viene chiamata la “Venezia d'Africa” è sulle palafitte.
Si tratta della più importante città lacustre dell’Africa occidentale, iscritta dal 1996 sulla lista indicativa dell'Unesco tra i possibili siti Patrimonio dell’Umanità. L'origine della città risale al XVIII secolo, all'epoca delle razzie schiaviste, che spinsero le popolazioni della regione a rifugiarsi nelle paludi del lago al fine di sfuggire a una triste sorte.
Oltre alla bellezza dei luoghi, mi colpirono soprattutto gli abitanti, accoglienti, sorridenti, ospitali. Uomini, donne e tanti bambini che ci salutavano allegramente con ritornelli in francese imparati a scuola: “Yovò, Yovò (è il nome che danno agli europei), bonsoir, ça va bien?”.
Ganviè è un posto unico al mondo, in mezzo a una natura ancora incontaminata e splendida. Un posto del cuore che voglio condividere con i lettori di Avvenire.
Lo scatto ricordo del viaggio del 1974 nella laguna di Ganviè - Anna Maria de Majo