Il presidente dell'Associazione nazionale alpini, Sebastiano Favero - Archivio Ana
Anche dalle pagine più buie della storia possono germogliare segni di rinascita, solidarietà ed amicizia i cui frutti sono arrivati fino a noi. Ottant’anni dopo la battaglia di Nikolajewka del 26 gennaio 1943, domani, per la prima volta, si celebrerà la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini, istituita con la legge 44 del 5 maggio 2022, votata all’unanimità dal Parlamento. «La data è stata scelta in autonomia dalle Camere», sottolinea il presidente dell’Associazione nazionale alpini, Sebastiano Favero.
Quella di domani sarà, quindi, l’occasione per ricordare come, in questi otto decenni, le penne nere dell’Ana hanno dato concretezza al motto coniato dai reduci di quei giorni drammatici, «Onorare i morti aiutando i vivi», tramutatosi in decine e decine di interventi a favore delle comunità locali, non solo in Italia. «Ci stiamo già organizzando per aiutare le popolazioni ucraine quando la guerra sarà finalmente finita», aggiunge Favero.
Mandati allo sbaraglio da un regime criminale, nell’inverno tra il ‘42 e il ‘43 gli alpini si trovarono bloccati dal gelo della steppa russa, accerchiati da un esercito molto più numeroso e meglio armato. Ma la volontà di «tornare a baita», come si legge nelle immortali pagine di Mario Rigoni Stern, fu più forte della paura di morire e così, il 26 gennaio 1943, gli alpini si lanciarono all’assalto a Nikolajewka, sfondando la sacca in cui l’Armata Rossa aveva chiuso gli italiani e permettendo a ciò che restava della nera colonna di sbandati, arrivata anche a raggiungere i 40 chilometri di lunghezza, di aprirsi la strada verso la salvezza.
«È questo il significato della Giornata: ricordare il sacrificio degli alpini che, pur essendo oggettivamente invasori, in quel momento volevano solo tornare a casa», sottolinea nuovamente Favero.
Quest’anno, per la prima volta, si celebra la Giornata, ma Nikolajewka è da sempre nella memoria degli alpini...
Per noi questa data è di grande significato, grazie anche agli scritti di reduci come Rigoni Stern, Giulio Bedeschi e don Carlo Gnocchi, che nel suo Cristo con gli alpini, ha condensato tutti i valori di solidarietà e di aiuto reciproco che ci caratterizzano. Le nostre 80 Sezioni e gli oltre 4.300 Gruppi tramandano da tempo la memoria di quei tragici avvenimenti. In questi anni abbiamo censito oltre 150 manifestazioni in tutta Italia. Per noi, quindi, non è una novità. Ora c‘è anche una legge dello Stato che riconosce l’impegno degli alpini e ciò che hanno fatto stanno facendo per gli altri.
Qual è, allora, l’attualità di Nikolajewka?
Faremo una cerimonia a Brescia, dove, nel 40esimo anniversario della battaglia, l’Associazione, con il lavoro gratuito di centinaia di volontari, ha realizzato la scuola “Nikolajewka”, oggi la più grande struttura sociosanitaria in Italia per la disabilità fisica grave e gravissima. Nel 1993, in occasione del 50esimo, è stato costruito l’asilo “Sorriso” a Rossoch, in Russia, dove c’era il comando del Corpo d’armata alpino. Un segno di amicizia e fratellanza purtroppo interrotte dagli avvenimenti dell’ultimo anno.
Come state vivendo questo momento così drammatico?
Con grande sofferenza. Proprio nei giorni scorsi ho parlato con alcuni degli ultimi reduci di Russia, ormai quasi centenari, che mi hanno trasmesso la grande amarezza di rivedere, in quei luoghi, immagini di guerra, morte e distruzione. Con i nostri alpini, però, ci stiamo già muovendo, raccogliendo fondi nella speranza che la pace arrivi presto così da poter intervenire in aiuto della popolazione.
Mentre la guerra è tornata alle porte d’Europa, c’è chi ha contestato la scelta del 26 gennaio per la Giornata, data legata alla guerra di invasione nazi-fascista: non sarebbe stato più opportuno scegliere il 15 ottobre, giorno di fondazione del Corpo degli alpini?
L’Associazione non ha mai messo condizioni sulla data, che è stata scelta dal Parlamento in piena autonomia. Certo, il 15 ottobre poteva andare bene, anche perché, nel 2022, cadevano proprio i 150 anni di fondazione del Corpo. Ma, ripeto: la data non l’hanno scelta gli alpini. Per i quali, comunque, il 26 gennaio ha un profondo significato. Perché tantissimi di coloro che riuscirono a tornare a casa, poi andarono in montagna con le Fiamme Verdi a combattere nella Resistenza. Per la liberazione dell’Italia.