Un'indagine della Polizia su un caso di minacce - ANSA
«Dimettiti, altrimenti ti facciamo fuori». È l’agghiacciante ultimatum contenuto in una lettera anonima ricevuta l’anno scorso da Domenico Priora, sindaco del comune piemontese di Gabiano. Un primo cittadino serio e mite, che dal 2019 amministra con coraggio questo borgo piemontese di un migliaio di anime, arroccato sulle colline del Basso Monferrato, nonostante le ripetute minacce: volantini anonimi e calunniosi, cartelli affissi in paese, la recinzione di casa piegata, per cercare di entrare in giardino... E Priora non è certo il solo amministratore locale a dover sopportare il peso psicologico delle intimidazioni. Nel 2023 ne sono state registrate 315, una ogni 28 ore, con un aumento di casi al Centro Nord (39% del totale nazionale). Lo rivelano i dati del rapporto annuale “Amministratori sotto tiro”, presentato ieri a Roma dall’associazione Avviso pubblico, presso la sede della Federazione nazionale della stampa.
Calabria maglia nera
Negli anni, il numero di episodi si mantiene più o meno costante: nel 2023, tuttavia, si registra una lieve flessione del 3,5% rispetto al 2022 (315 casi invece di 326) e comunque si resta lontani dal picco del 2018 (574). Quanto ai territori, per la prima volta dal 2016 la maglia nera delle intimidazioni va alla Calabria (con 51 casi censiti, +21% sul 2022), soprattutto nel Cosentino dove - a Corigliano e in altri comuni - si sono registrati 15 episodi. Poi vengono Campania (39 vicende, -20%), Sicilia (35, -30%) e Puglia (32, -33%). Inoltre, va notato come nei comuni già sciolti per mafia si sia consumato il 21% dei 315 atti intimidatori (fra cui vanno segnalati 14 in terra campana, 10 sia in Calabria che in Sicilia e 5 in territorio pugliese). Al contrario, fra le regioni più “tranquille” per gli amministratori locali, si contano Marche e Friuli Venezia Giulia (3 episodi ciascuna), Basilicata e Molise (4).
Missive e telefonate minatorie
Rispetto alle modalità usate per intimidire, le minacce verbali e le telefonate minatorie sono le più usate (nel 17% dei casi), poi ci sono gli incendi (155), lettere e messaggi (14,5%) e i social network (13%, ma con tendenza in aumento). Racconta Flavio Stasi, sindaco di Corigliano-Rossano (comune nato dall’accorpamento di due centri del Cosentino e tra i più colpiti dalle intimidazioni) che «le minacce arrivano quando si mette mano ad ambiti delicati come gli abusi sul demanio, gli spazi cimiteriali, i posteggi commerciali e altro ancora». E allora, prosegue Stasi, «molti cittadini ti spiegano che, per fare il sindaco, bisogna essere una sorta di super eroe, cosa che io contesto perché in realtà certi ruoli dovrebbero essere appannaggio di tutte le persone per bene».
Vite sotto minaccia e sotto tutela
C’è il toscano Alessio Falorni, primo cittadino di Castelfiorentino, che ha ricevuto una busta con un proiettile. O Andrea Villa, sindaco di Pozzo d’Adda, nel Milanese, che ha trovato una testa di lepre mozzata davanti alla porta di casa. A Chivasso, Claudio Castello è finito nel mirino di ignoti dopo aver testimoniato in un processo anti ‘ndrangheta. Ma anche le donne vengono bersagliate, come accaduto a Marica Rigon, sindaca di Sandrigo, nel Vicentino, a Mirjam Giorgieri, assessora di Follonica nel Grossetano, o ancora a Veronica Poli, assessora al Sociale a Pisa messa sotto scorta dopo ripetute minacce. Più giù, nel Barese, a Cellamare Gianluca Vurchio viene vessato da tempo: l’8 ottobre scorso, un’aggressione verbale stava per trasformarsi in un atto di violenza fisica, se non ci fossero state altre persone ad assistere alla scena. «Siamo all’ennesimo, grave, episodio - racconta lui stesso -. Il fatto è già a conoscenza delle forze dell’ordine, ma una cosa voglio dirla: queste situazioni vanno fortemente combattute sul piano culturale, sociale e istituzionale».
La sottosegretaria Ferro: lo Stato c’è
«Noi non ci giriamo dall’altra parte, sarà costante l’affiancamento ai sindaci e agli amministratori vittime di minacce», assicura la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro, intervenuta alla presentazione del rapporto, ribadendo che «sui casi di violenza, sia verbale che tramite social o direttamente alla persona, non ci saranno sconti da parte dello Stato, che c'è e è presente». Ed effettivamente, quando non si esita a denunciare, le forze dell’ordine e la magistratura intervengono, come mostra la vicenda di Ilaria Abagnale, prima cittadina del comune napoletano di Sant’Antonio Abate, che due anni fa ha denunciato all’Arma le esplicite minacce di un camorrista emergente («Il sindaco si faccia i c…. suoi. la smetta di fare il carabiniere, altrimenti può succedere qualcosa ai suoi figli»). In manette sono finiti, su richiesta della Dda, due indiziati, a vario titolo, di tentata estorsione e violenza privata, aggravate dalla modalità mafiosa. Per il presidente di Avviso Pubblico Roberto Montà, diventa dunque cruciale fare argine contro «l’esercizio del potere della forza, che vìola i paradigmi della democrazia», visto che in molti casi le vittime non segnalano alle autorità minacce “minori”, che poi nel tempo si aggravano: «Si tratta di mancate denunce che prendono le mosse da una sottovalutazione dei reati - osserva Montà -, cosa che rappresenta sempre un grave errore». Secondo il segretario della Fnsi Vittorio Di Trapani, «lo sviluppo del Pnrr porterà ingenti quantità di denaro anche a livello locale, servono norme che consentano agli amministratori pubblici di lavorare liberamente e ai cronisti di svolgere quella vigilanza che protegge anche gli amministratori». Sindaci, assessori, consiglieri comunali sono «spesso eroi nascosti in piccole comunità», argomenta ancora la sottosegretaria Ferro, non devono «mai sentirsi soli». E, per evitare che crescano rassegnazione e sfiducia nello Stato, «dobbiamo remare tutti nella stessa direzione: istituzioni, enti locali, magistratura, politica perbene. Amministrare in libertà un territorio è un dovere - conclude -, ma deve essere soprattutto un diritto».