Fare luce su tutto, dai preparativi alla sequenze del viaggio ai perché dello schianto e del rogo che in pochi attimi ha trasformato un pullman in una trappola, ma soprattutto dare certezze sull'identità delle 16 vittime divorate dal fuoco e sui due feriti ancora ricoverati in gravi condizioni nei due ospedali veronesi.
Per la tragedia avvenuta la notte tra venerdì 20 gennaio e sabato 21 gennaio allo svincolo sulla A4 a Verona è stato proclamato il lutto cittadino, in Ungheria è lutto nazionale. Un intero Paese ha atteso il ritorno a casa delle salme di liceali, di docenti o accompagnatori, uccisi nel bus che li riportava a casa dopo una vacanza scolastica in Francia. La bandiera tricolore, sulla piazza davanti al Parlamento, è stata calata a mezz'asta, con un picchetto d'onore alla presenza delle massime cariche dello Stato. Bandiera di lutto sul Parlamento e ogni edificio statale, mentre nelle scuole del Paese si ricordano le vittime con un minuto di silenzio.
I feriti, trasportati a casa in aereo, sono curati nell'ospedale Honved da domenica sera, e sono rientrate anche molte famiglie di studenti coinvolti e rimasti illesi nell'incidente. Tutti sono ancora sotto choc, e avranno bisogno di essere accompagnati da psicologi e psichiatri per poter gestire i loro ricordi della tragedia.
Il professore eroe torna a casa, senza i suoi figli e dopo aver salvato la vita a tanti dei suoi studenti
Anche Gyorgy Vigh e la moglie Erika hanno fatto ritorno a casa. Ma senza i loro i figli, Laura e Balazs. Vigh è l'insegnante di educazione fisica che accompagnava i ragazzi nella gita, ma è anche il professore-eroe, celebrato per il suo coraggio nel rientrare nel pullman per recuperare i suoi ragazzi, tutti i ragazzi, senza pensare soltanto ai suoi figli.
Più volte Vigh è risalito sull'autobus incendiato per cercare di salvare i suoi studenti. Li ha letteralmente tirati fuori dalle fiamme che divampavano, sospingendoli fuori dalla trappola di fuoco che si era creata sul bus che li stava riportando a casa. Nel gruppo di giovani ungheresi, di ritorno dalla settimana di vacanza sulle nevi, in Francia, c'erano anche i suoi figli: prima di essere portato all'ospedale, l'uomo con la schiena ustionata e affranto dal dolore, continuava a urlare i loro nomi «Laura» «Balazs». «Laura e Balazs erano tutta la mia vita, non mi resta più nulla», ha ripetuto disperato Gyorgy Vigh mentre veniva ricoverato in ospedale. Lui e la moglie sono sopravvissuti al disastro, i corpi dei figli sono in obitorio.