Uno dei minivan carico d'aiuti in partenza per Leopoli
Parte domani dall’Italia, con destinazione Leopoli, la più grande manifestazione di solidarietà e impegno per la pace in Ucraina finora organizzata in Europa. Sullo sfondo, c’è un’idea a metà tra realtà e utopia: replicare in Ucraina quanto accadde a Sarajevo nel 1992, quando il popolo della pace marciò nella città assediata. Allora, tra gli altri, parteciparono anche don Tonino Bello, presidente di Pax Christi, e don Albino Bizzotto, di Beati i costruttori di pace.
Nelle prossime ore una grande carovana di veicoli – circa una sessantina tra furgoni, minivan e auto – provenienti da numerose città italiane varcherà la frontiera a Gorizia intraprendendo un lungo viaggio fino al confine polacco-ucraino per esprimere vicinanza alle vittime e invocare la mediazione politica per un cessate il fuoco immediato. A bordo del convoglio ci saranno oltre duecento esponenti della società civile non violenta in rappresentanza di decine di realtà della galassia del pacifismo e della nonviolenza che hanno aderito all’appello "Stop the war now" lanciato nelle settimane scorse dall’associazione Papa Giovanni XXIII. Nel gruppo ci sono organizzazioni cattoliche come i Beati costruttori di pace, Pax Christi, Comboniani, Focolari e la Pro civitate christiana di Assisi ma anche laiche come Cgil, Arci, Un ponte per, Libera e Gruppo Abele.
Tra le presenze confermate c’è quella di monsignor Giuseppe Satriano, arcivescovo metropolita di Bari-Bitonto, che arriverà dalla Puglia con un messaggio della Conferenza Episcopale Italiana a nome del cardinale Gualtiero Bassetti. Inizialmente era prevista anche la partecipazione di un gruppo di deputati e senatori del Parlamento italiano, ma poi non si è concretizzata. L’obiettivo della missione è quello di arrivare sul suolo ucraino sabato 2 aprile per testimoniare la volontà di pace con la propria presenza sul campo e permettere a persone con fragilità – anziani, madri e soprattutto bambini – di lasciare il loro Paese in guerra. La meta finale sarà Leopoli, città dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco a pochi chilometri dalla frontiera con la Polonia, dove si trovano attualmente oltre 200mila sfollati arrivati da altre zone dell’Ucraina.
Da settimane la stazione ferroviaria, le scuole, le palestre e i conventi cittadini sono stati trasformati in luoghi di rifugio e accoglienza per i profughi. Sabato la carovana della pace incontrerà esponenti della società civile e del mondo religioso ucraino e metterà in atto alcuni gesti simbolici in accordo con le autorità locali, tra cui una marcia per il centro cittadino e una preghiera ecumenica. La missione di pace porterà aiuti per la popolazione sotto forma di beni alimentari e materiali sanitari per un valore complessivo che si aggira intorno al milione di euro. Tutto raccolto grazie alle donazioni, fanno sapere gli organizzatori. I sessanta autoveicoli della carovana faranno ritorno in Italia domenica 3 aprile con a bordo più persone possibile: la capacità di carico è di circa trecento profughi, tra bambini, donne e anziani. In queste ore sono in corso trattative con gli ospedali della città per far uscire dal Paese bambini malati da affidare alle strutture sanitarie italiane. Inoltre nei giorni scorsi è stato attivato un corridoio umanitario – finanziato dalla stessa organizzazione – che è riuscito a far arrivare a Leopoli un centinaio di persone dalle zone dell’Ucraina più a rischio, come la Crimea e il Donbass. «L’iniziativa non avrà soltanto un carattere umanitario» ci tiene però a sottolineare uno degli organizzatori, Gianpiero Cofano dell’associazione Papa Giovanni XXIII. «Vogliamo far vedere l’altra faccia dell’Europa, quella che non crede nell’invio di armi e strumenti bellici ma vuole portare aiuti di altro genere. Ma sarà anche la prima di una serie di azioni volte a creare un ponte di solidarietà dal basso con le organizzazioni della società civile basato sulla fiducia reciproca». In questo senso l’impegno della carovana della pace proseguirà anche nei prossimi giorni con l’attivazione di un ulteriore corridoio sanitario che, in accordo con la Cgil e la Protezione Civile italiana, "adotterà" un altro centinaio di bambini malati, facendoli uscire dall’Ucraina per poi trasferirli in Italia in autobus o in aereo. «Chiamateci pure sognatori – conclude Cofano – ma stiamo anche pensando di organizzare una delegazione ristretta che si rechi a Mosca a testimoniare la nostra vicinanza alla società civile russa contraria a questa guerra». La cosiddetta "diplomazia dei popoli" si rimette dunque in moto, proprio come fece esattamente trent’anni fa a Sarajevo, con la marcia dei cinquecento che raggiunse la città bosniaca sotto le bombe.