Disumanità. Un'altra tragedia che sarebbe stato possibile evitare - Ansa
Non c’è, al momento, un’inchiesta per omissione di soccorso, rispetto alla catena di eventi che ha portato al naufragio di un barcone con 180 migranti, di cui almeno 67 annegati oltre a una trentina di dispersi, davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro. Il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia ripete: «L’inchiesta riguarda il naufragio e i reati dei presunti scafisti, i soccorsi non sono oggetto di indagine specifica», anche se tutti i dati saranno raccolti «per inquadrare la situazione». Tuttavia, da domenica, i dubbi sulla gestione delle operazioni di soccorso da parte delle autorità deputate a farlo continuano ad addensarsi, dando vita a domande che stanno prendendo forma nelle interrogazioni parlamentari di alcuni partiti d’opposizione al governo, nella persona del ministro dell’interno. Matteo Piantedosi. Nella giornata di ieri, si sono susseguite precisazioni fra Roma e Bruxelles, che meritano di essere esaminate, insieme agli altri elementi noti.
Gli orari d’avvistamento. Quante ore sono trascorse esattamente fra il primo avvistamento del barcone carico di migranti proveniente da Smirne e il suo naufragio domenica alle 4.10 di mattina davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro. Sei, come indicano le dichiarazioni incrociate di Frontex e Guardia Costiera, riferite a sabato sera alle 22.30? O addirittura 24, se si considera un allarme partito alle 4.57 di matina dello stesso sabato, quando il Centro di coordinamento dei salvataggi in mare (Mrcc) di Roma ha diramato un dispaccio d’allerta su un’imbarcazione in difficoltà, senza precisare meglio il tipo di scafo?
L’avviso di Frontex. Se si prende per buona la prima ricostruzione, si tratta di 6 ore di navigazione in cui il barcone, un vecchio caicco partito da Smirne mercoledì, si stava dirigendo verso le coste calabresi. Frontex ieri ha detto che sabato 25, verso le 22-22.30, un suo velivolo ha avvistato, a 40 miglia dalla costa, un'imbarcazione nel Mar Ionio, che «risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta». L’aereo ha inviato la segnalazione all’autorità italiana di law enforcement, in questo caso la Guardia di finanza, «informando, tra gli altri, per conoscenza, anche la Centrale operativa della Guardia Costiera di Roma»
La Gdf si attiva, poi rientra. A quel punto, le Fiamme gialle comunicano «l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l’imbarcazione» con «una vedetta di Crotone e il pattugliatore di Taranto, nonostante le proibitive condizioni del mare». Ma le unità, «nonostante gli sforzi per raggiungere il target, considerate le difficili condizioni meteomarine e l'impossibilità di proseguire in sicurezza, facevano rientro». Un mare forza 4, pare.
E la Guardia costiera? C’è mare grosso, ma le navi della Guardia costiera (che dispone di mezzi classe 300, inaffondabili e autoraddrizzanti per «operare in condizioni meteomarine proibitive») non vanno alla ricerca del natante, perché «nessuna segnalazione telefonica è mai pervenuta ad alcuna articolazione della Guardia costiera dai migranti, presenti a bordo, o da altri soggetti».
L’aereo finisce la benzina. Frontex, con un portavoce, aggiunge un pezzo al mosaico, dicendo che il suo velivolo ha avvistato una barca «pesantemente sovraffollata» diretta verso l’Italia, informando «immediatamente tutte le autorità italiane», ma poi l’aereo è «dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante». L’imbarcazione, «che trasportava circa 200 persone, stava navigando da sola e non c’erano segni di pericolo», è la valutazione di Frontex.
Le chiamate da terra. Così, senza che nessun “occhio dall’alto” lo segua e senza che nessuna vedetta lo avvicini, il caicco continua la navigazione nella notte fra sabato e domenica. E siamo alle 4 di mattina, quando si arena su un banco di sabbia e scogli a 150 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. Alle 4.10 arriva al 112 una telefonata da un numero internazionale, in inglese. Sul posto arrivano due carabinieri, che riescono a salvare più persone, aiutati da pescatori. Alle 4.30 circa, ricostruisce la Guardia costiera, «ci sono giunte alcune segnalazioni telefoniche da terra relative ad un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa». Dopo la segnalazione ricevuta è stato immediatamente attivato il dispositivo Sar, sotto il coordinamento della Guardia costiera di Reggio Calabria, con l'invio di mezzi navali, aerei e terrestri e personale. Impiegati però ormai, al loro arrivo, solo per la ricerca di dispersi in mare. Perché non è stato predisposto prima un dispositivo di salvataggio non in alto mare, ma nei pressi della costa? Sottovalutazione dell’evento?
L’indagine sugli scafisti. L’inchiesta per omicidio e naufragio colposo a carico dei tre presunti scafisti fermati. Secondo alcuni superstiti, avevano un disturbatore di frequenze per impedire telefonate di sos. E uno dopo il naufragio ha rischiato il linciaggio da parte di alcuni migranti. Altri hanno riferito che gli scafisti avrebbero cercato di buttarli in mare per alleggerire la barca. Anche questo, andrà verificato.