Gli 'affidi illeciti' di Reggio Emilia non c’entrano nulla con l’impegno silenzioso e positivo di migliaia di genitori che aprono generosamente la porta di casa per offrire una famiglia a un bambino in difficoltà. Inaccettabile confondere il comportamento penalmente e umanamente agghiacciante – se i fatti verranno confermati – delle persone raccontate dall’inchiesta della Procura di Reggio Emilia, 16 in arresto e ai domiciliari e altre 27 indagate, con quello di coloro che credono nell’affido come scelta buona e virtuosa. Lo dicono le associazioni del Forum delle famiglie che da decenni portano avanti la battaglia silenziosa per affermare la necessità di rilanciare un istituto prezioso ma troppo spesso negletto. A tal punto che – come più volte sottolineato – non sappiamo neppure quanti siano i minori in affido. I vari dati ufficiali parlano di un numero variante tra i 14 e 16mila, ma il fatto che non esista una cifra ufficiale, anzi che ne esistano tre, la dice lunga sulla situazione esistente.
Eppure l’affido va non solo promosso, ma difeso da qualsiasi confusione con l’inchiesta sui bambini manipolati per darli in affido ad amici e conoscenti. «Chiediamo esemplarità della pena, che non ci nessuno sconto per i responsabili di atti tanto gravi, perché con i bambini non si scherza e perché, per colpa di poche persone, non si metta in dubbio una legge e un’esperienza che ha fatto del bene a tanti bambini e a tante famiglie». Così scrivono i rappresentanti di Famiglie per l’accoglienza, Aibi, Azione per Famiglie nuove, Comunità Giovanni XXIII e Progetto famiglia. Gli esperti del pianeta affido riconoscono che «l’apparato normativo che regola il sistema di tutela di bambini e ragazzi ha evidentemente bisogno di essere applicato nella sua completezza e sicuramente rivisto in alcune sue parti, ma questo – si fa notare nel comunicato – richiede un dibattito sereno sistema dell’affido familiare: servizi socio-sanitari, Tribunali per i minorenni, associazionismo, scuola».
Ecco perché puntare «ora il dito su uno di questi per cercare la falla del sistema non può portare a nessun risultato, se non quello di demotivare le famiglie a mettersi a disposizione di un bambino la cui famiglia è in difficoltà». E se il sistema è fragile – nessuno lo nega – ed esistono difficoltà oggettive, non vuol dire che non esistano «tante belle e buone storie di accoglienza affidataria » che andrebbero racconta- te – come Avvenire fa da sempre – «come reale punto di partenza per riflettere sui limiti di una normativa che evidentemente non tutela fino in fondo i bambini».
Sulla necessità di non ricorrere a semplificazioni in una materia di grande complessità e delicatezza concorda anche l’Associazione dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (Aimmf) che in un comunicato invita a valutare «l’impegno reso frequentemente più gravoso dalle carenze organizzative, dalla mancanza di personale e dalle sempre minori risorse economiche », ma sostiene che il sistema della giustizia minorile «ha affinato strumenti di conoscenza delle persone e delle relazioni familiari» che dovrebbero mettere al riparo da errori come quelli rilevati nell’inchiesta di Reggio Emilia. Nel testo che difende – giustamente – l’operato dei magistrati per bene, e sono la maggioranza, si auspica anche la creazione di un ufficio dedicato «alla formazione, individuazione e monitoraggio delle famiglie disponibili all’accoglienza, consensuale o giudiziale, temporanea dei minori in difficoltà, anche per la garanzia di massima trasparenza ». Quella che evidentemente è mancata a Reggio Emilia, e in tanti altri casi in cui l’allontanamento e l’affidamento dei minori sembra aver seguito altre logiche.