Il prete aggredito è stato ricoverato in ospedale - IMAGOECONOMICA
Aggredito nella serata di lunedì don Giovanni Rigoli, giovane parroco di Varapodio, paese della Piana di Gioia Tauro. Il sacerdote, 38 anni, è stato colpito ripetutamente da due persone, che si sono poi allontanate, al termine di una celebrazione eucaristica nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano.
Don Giovanni ha riportato lesioni, in particolare al capo, che hanno reso necessario il ricovero nell’ospedale di Gioia Tauro. Immediate le indagini dei carabinieri per individuare i due aggressori «che avevano partecipato alla funzione». Lo scrive l’Ufficio comunicazioni sociale della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi in una nota che apre il proprio sito e che contiene una forte dichiarazione del vescovo, monsignor Giuseppe Alberti, nominato da papa Francesco lo scorso 21 settembre, che ha condannato fermamente l’aggressione ed espresso vicinanza a don Giovanni.
«Siamo profondamente sconvolti da questo atto di violenza contro uno dei nostri sacerdoti - scrive il vescovo -. Gli attacchi contro i membri del clero non solo colpiscono la persona coinvolta, ma feriscono anche la fede e la spiritualità della nostra comunità». E aggiunge poi una frase molto chiara sull’incompatibilità tra violenza e fede. «Certe azioni - afferma ancora - azzerano l’impegno spirituale di ogni individuo e quando permettiamo che simili azioni prevalgano, rischiamo di invalidare la fede stessa che ci unisce». Il vescovo è per alcuni giorni a Padova, la sua terra d’origine, ma segue con attenzione la vicenda e ha sentito telefonicamente il parroco e il vicario generale. «Bisognerà essere molto chiari - ci dice al telefono -. La denuncia è necessaria ma non sufficiente. Non basta. Vanno messi dei precisi paletti per fare chiarezza, perché questi fatti non sono né umani né cristiani».
E annuncia che «qualcosa dovremo fare, daremo un segno forte entro domenica, un segno pedagogicamente efficace che partendo da questo grave episodio proponga delle risposte positive».
In attesa degli accertamenti dei carabinieri, sembra che l’aggressione sia legata a una recente iniziativa del parroco che a Natale, in conseguenza della risalita dei contagi da Covid-19, aveva vietato le condoglianze in chiesa sia in occasione dei funerali che per le Messe di suffragio il settimo giorno. Dopo pochi giorni dall’emissione del divieto, muore in Australia una donna di una nota famiglia di Varapodio. Il fratello, più volte attenzionato dalle forze dell’ordine, chiede di poter far celebrare il 15 dicembre una Messa di suffragio. Don Giovanni non solo acconsente ma fa sapere che concelebrerà. Ricorda solo il suo divieto. Ma poco prima della Messa alcuni familiari e gli addetti dell’agenzia di onoranze funebri, entrano in sacrestia per chiedere con insistenza che si possano svolgere le condoglianze in chiesa. Di fronte a questa scorrettezza, il parroco annuncia che non concelebrerà. Malgrado questa chiara presa di posizione, si accorge che alla fine della celebrazione le condoglianze, che lui aveva vietato, vengono ugualmente svolte. Interviene, dice che non devono farlo. E allora scatta la reazione violenta, l’aggressione che lo fa finire all’ospedale per i colpi ricevuti.
Una ricostruzione confermata da ambienti della Diocesi. Don Giovanni, di carattere aperto e allegro, è molto impegnato a mettere in rete le realtà del territorio, soprattutto giovanili. È assistente del gruppo scout di Varapodio e infatti Agesci Calabria, con una nota, esprime «la sua vicinanza» al parroco. «Noi, che cerchiamo di insegnare ai nostri ragazzi, e alle nostre ragazze, i valori della pace, della non violenza, del rispetto per tutti e per ciascuno, non possiamo che condannare tale gesto». Solidarietà a don Giovanni sono arrivate anche dalle amministrazioni comunali di Cittanova e Taurianova, paesi vicini a Varapodio.