giovedì 11 gennaio 2024
Sulla sua candidatura, cattolico e rappresentante della società civile di notevole spessore, in Basilicata non si è ancora trovata la quadratura del cerchio
Mario Giro, gia viceministro degli Esteri

Mario Giro, gia viceministro degli Esteri - Archivio

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Sulla candidatura di Angelo Chiorazzo, cattolico e rappresentante della società civile di notevole spessore, in Basilicata non si è ancora trovata la quadratura del cerchio tra Pd e M5s. Al di là di come finirà il feuilleton politico lucano, ancora una volta emerge come entrambi i partiti abbiano difficoltà ad accettare l’apporto della società civile in generale, e dei cattolici in particolare: sono totalmente assorbiti dal complesso tentativo di allearsi fra loro e ritengono che ogni apertura al Terzo settore divenga un problema in più e li distolga dall’obiettivo principale. Talvolta la diffidenza per gli apporti esterni è forte al punto da preferire la sconfitta ad una vittoria con un candidato di quella provenienza. A detta di tutti i conoscitori della Basilicata, Angelo Chiorazzo è l’unico leader regionale davvero in grado di raccogliere attorno a sé anche le forze disperse nel non voto o dissipate da una politica locale segnata dal clientelismo e dal clanismo familiare. Non capita solo in Basilicata: è già accaduto altrove e purtroppo continuerà ad accadere. La recente inchiesta di Avvenire sui cattolici in politica rilanciata da Angelo Picariello offre la possibilità di ragionarci. Esiste nel centrosinistra e tra i cinquestelle una carenza di cultura coalizionale, ciò che ha spesso reso sterile ogni tentativo di collaborazione con altri, in specie per il Pd. L’aver voluto la fine dell’Ulivo ha lasciato in eredità uno spirito di chiusura che va sotto il nome di “vocazione maggioritaria”. Mentre l’Ulivo si apriva, il Pd si è chiuso sempre di più su se stesso sentendosi autosufficiente. Ne hanno fatto e continuano a farne le spese in particolare (ma non solo) i cattolici, quasi assenti nelle file dirigenziali delle forze politiche ma molto presenti nella società civile organizzata e nel Terzo settore. Ogni tentativo di superare tale fossato in modo fecondo è stato frenato o deconsiderato. Nel Pd da sempre l’idea di fondo è che “costoro non possono che votarci” e quindi non è il caso di soffermarsi troppo. Ciò ha spinto molti cattolici verso destra: in assenza di dialogo sul sociale rimaneva come dato identitario solo quello valoriale in mano alla destra. È un tema serio che non si supera certo chiedendo un posto in segreteria. In questi anni ogni presenza cattolica nel Pd è stata spesso confinata, salvo considerare cattolici i post democristiani. Qui c’è un equivoco: cattolico è cosa più ampia di “post” o “ex Dc”, e lo era già al tempo del “partito italiano”. Il tema è d’attualità. Come ha scritto su queste pagine Agostino Giovagnoli: «I cattolici non trovano il loro posto della politica italiana ma la politica italiana non trova pace senza i cattolici». Di contro la destra berlusconiana – per quanto edonistica - ha avuto molta più cura per i cattolici di tendenza moderata, allargandone il bacino e catturando molte simpatie. Coi cattolici il centrodestra ha saputo andare oltre se stesso, mentre il centrosinistra semplicemente non l’ha fatto. In verità al PD la cultura della coalizione manca nei confronti di tutti e non solo dei cattolici. Ma per questi ultimi il discorso è particolare perché rappresentano un humus profondo della struttura sociale e della cultura italiana. Più il Pd abbandonava la scelta sociale per accettare una forma “blairiana”, e meno sentiva la necessità di dare spazio ai cattolici, legati a temi considerati “arcaici” come le povertà o le diseguaglianze. A confronto con i diritti civili individuali, le attese provenienti dagli strati più sfavoriti scomparivano: una neo società di individui contrapposta a quella vecchia dei ceti, dei corpi intermedi, delle periferie o dei lavoratori. Forse è per questo che Chiorazzo fa discutere, visto che si è distinto nel lavoro sociale di base e della cooperazione-lavoro. Per fare solo un esempio basti la fredda relazione del Pd con l’Alleanza contro la povertà che per anni lo ha reso sordo alle sollecitazioni sul Reddito di inclusione, adottato in extremis solo per contrastare quello di cittadinanza proposto dal M5s. Dello stesso tenore il rapporto del Pd con le Ong. In entrambi i casi i cattolici sono una presenza molto significativa. Ora per i cattolici resta una sola speranza: che Pd e M5s si ricordino che la cosa più urgente da fare è tenere insieme una società che si va sfilacciando in molti modi. A differenza di ciò che diceva la Thatcher, la società esiste eccome e la destra riesce ad interpretarla meglio, anche se nella direzione sbagliata. In collettività ridotte ad individui soli e impauriti, sarà molto più difficile ricostruire il legame solidaristico essenziale per l’esistenza stessa della democrazia.

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